Leonardo, la Biblioteca e il Re

Nella Biblioteca Reale non ero mai entrata e come me, credo, molti altri torinesi. Tanto meno quindi nel nuovo spazio espositivo, ricavato dai caveau sotterranei, che ora ospita la mostra Leonardo e i Tesori del Re, troppo preziosa per non essere cautelata al massimo.  Scontato dire che è stata una bella esperienza. Non è invece così scontato, almeno per me, scoprire ogni volta che l’arte, la grande arte, ha in serbo in esclusiva per ciascuno di noi una diversa emozione. Così io, che come tanti ero lì per respirare la “sacra aura” dell’Autoritratto, mi sono ritrovata catapultata in un viaggio a ritroso nel mio tempo personale. Prima fase, l’ingresso nella grande Sala superiore della Biblioteca. Qui il salto all’indietro è stato di pochi anni, condiviso con un rapido colpo d’occhio con l’amica Roberta, compagna di visita nonché di rassegnato incolonnamento tra la calca dei visitatori. Rieccoci a San Gallo, in un giorno di pieno inverno del 2010, nella Stiftsbibliothek. Luogo certo ben più celebre, e celebrato, e anche molto più luccicante, visto che qui a Torino nessuno, fortunatamente, è stato costretto a strisciare sul pavimento con le pantofolone di feltro di elvetica ordinanza! Ma l’impressione, mi perdonino gli Svizzeri, per…

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Le Monde de Don Cabillaud: il pesce di Borgogna

Sera di nebbia ad Autun. Normale, al 20 di novembre. Un’arietta umida e penetrante che certo non invoglia al passeggio serale, o forse – come mi è già capitato di sperimentare nella provincia francese – un’abitudine diversa degli indigeni a gestire le ore. Aperitivo, cena, dopocena. E alle otto di sera si è in forte ritardo per mettersi a tavola. Sarà per questo che le vie sono così deserte?  Così tranquille e vagamente inquietanti, come in certi film di fantascienza da disastro post nucleare, senza più traccia di umana sopravvivenza? Ma per fortuna siamo arrivati alla nostra mèta: Le Monde de Don Cabillaud, un ristorante… di pesce! Sì proprio qui, nel cuore della Borgogna. Scelto per giocare al ribasso – stasera meglio stare leggeri – è stato invece l’esperienza gastronomica migliore di questa breve vacanza, e certo una delle tavole in assoluto più interessanti a cui mi sia capitato di sedere. Locale piccolo, in apparenza informale in realtà curatissimo in ogni dettaglio, toilette compresa – il che in Francia non è così usuale, purtroppo – ci si trova subito a proprio agio, accolti con cordiale semplicità. Lo chef cucina a vista, con grande naturalezza, proprio come chi non ha segreti…

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Oliveri, il mistero dei funghi

Stagione strana per i funghi quest’anno. Giorni in cui ne compaiono cassette intere sulle bancarelle dei mercati e poi di colpo più niente, per settimane intere. Ancor più strane sono le tavole dei ristoranti. C’è chi te li offre comunque, fritti e croccanti (e insapori); chi ti dice, onestamente, che al momento non ne ha e può, al massimo, recuperane qualcuno (messo via dall’anno scorso? surgelato? …) per il sugo dei tajarin; e c’è chi invece, incredibilmente, te li prepara al momento, ottimi e abbondanti.  Mistero? Forse un po’ sì. Figli di un mondo notturno, i funghi, come i loro sotterranei fratelli, i tartufi – che guarda caso stanno anche loro vivendo una strana stagione – non rispondono ad altra legge che alla loro, non del tutto prevedibile e, per nostra fortuna, assai insondabile dall’umana esperienza. Tutto questo per arrivare a parlare di un eccezionale vasetto di funghi porcini conservati in olio extra vergine che ho assaggiato all’ultimo Salone del Gusto e che non ho esitazioni a definire il migliore della mia vita. Almeno finora. Li prepara Oliveri, un’azienda artigianale di Acqui Terme, nel cuore dell’Alto Monferrato, che da tre generazioni si occupa di preparazioni alimentari. Mi ha raccontato il…

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