A Torino il sogno di Miró
Bella davvero questa nuova mostra torinese MIRÓ – Sogno e colore, visitabile dal 4 ottobre 2017 al 14 gennaio 2018 a Palazzo Chiablese. E lo dico, convinta, dopo averla vista e meditata, io che verso Miró non ho mai avuto particolari trasporti. Il perché di questo giudizio me lo sono chiesta da sola e ora provo a raccontarlo.
Il sogno di Miró
Una mostra bella innanzitutto per l’intelligenza dell’allestimento, didattico senza pedanteria e attento alla disposizione e alla corretta illuminazione, non sempre facile anche a causa delle dimensioni, delle opere. I lavori esposti riguardano soltanto una fase, anche se piuttosto lunga, della produzione di Miró, e cioè quella dei suoi ultimi trent’anni di vita. Un periodo, per lui, particolarmente fecondo e, probabilmente, felice anche dal punto di vista esistenziale. Ormai conquistato il riconoscimento internazionale sul valore della sua arte – una sorte toccata a pochi artisti – poteva dedicarsi interamente al suo “sogno” senza interferenze esterne che potessero turbarlo. Perché, e questo la mostra lo chiarisce bene, i suoi temi prediletti, come le donne, gli uccelli, i paesaggi dell’universo, nascono tutti dal continuo dialogo interiore con una sorta di visionario alter ego, che traduce per lui in impressioni di luce e colori le immagini del mondo reale.
Miró e Maiorca
E in questo processo di trasformazione della natura un ruolo fondamentale lo gioca Maiorca, l’isola amatissima delle sue estati di bambino nella casa dei nonni, che diventa finalmente “il luogo” universale, l’unico dove vivere e dipingere come nel Paradiso Terrestre della Creazione. Non a caso la prima sezione della mostra si chiama Radici: l’isola di Maiorca e la sua natura primordiale.
Nelle altre sezioni, da Principali influenze artistiche di Miró a Maiorca. Gli ambienti in cui creava a La metamorfosi plastica fino all’ultimo Vocabolario di forme, si snoda il filo dell’evoluzione della poetica di Miró. Trasgressore, ribelle e anticonformista anche verso se stesso, compie un radicale lavoro di critica e “semplificazione”, riducendo drasticamente numero di opere e motivi iconografici. Ne scaturisce un Universo solido, dove le linee si semplificano e si fanno più nette e, tra i colori della tavolozza, l’austerità del nero acquista preponderanza. E le tematiche di sempre – i nudi femminili, le figure falliche, gli ibridi di teste occhi e uccelli – trovano nuove combinazioni.
Perché, come dice lo stesso Miró, “le forme germogliano e mutano. Si interscambiano, e così creano la realtà di un universo di segni e di simboli…”