Grecia, un percorso iniziatico
No, non sono stata sulle isole. Sarà per una prossima volta.” Meglio premetterlo, visto che è la prima domanda che mi fanno (quasi) tutti quelli che scoprono del mio recente viaggio in Grecia. No, perché questo è stato il mio viaggio iniziatico, arrivato ora con un po’ di ritardo – in fondo, che cos’è mezzo secolo confronto all’eternità? – rispetto a quando lo avevo progettato, nel mio primo anno di scuola media. Una scoperta, allora, che si nutriva dei versi di Omero – ma quanto mi piaceva l’Iliade! – e delle avventure archeologiche di Schliemann. Merito anche, certo, dell’entusiasmo che sapeva trasmettere la mia professoressa –grazie, signora Cantù- e che il tempo, per fortuna ha forse un po’ diluito ma non disperso. Insomma, dovevo vedere i luoghi degli dei e degli eroi. Atene, quindi, innanzitutto, visto che Troia era fuori percorso (e Sparta, purtroppo, inesistente). E poi Delfi dove parlava la Pizia, Olimpia e il recinto sacro delle gare, il Citerone dove Edipo era stato perso e ritrovato, la Micene ricca-d’oro degli Atridi, e poi… Certo anche il mare color-del-vino dei viaggi di Odisseo, la petrosa Itaca, Delo dove Apollo-fu-manifesto, Creta e grotta dei Coribanti… ma questa è un’altra storia, anzi è la continuazione di questa storia. E poi non credo siano queste le isole cui si riferivano i vacanzieri di cui sopra. Alla prossima, quindi.
Ora, a viaggio concluso e decantato, l’emozione più forte continua a essere la prima: il tempio di Nettuno a Nauplio, il primo che rivedevano al loro ritorno gli antichi naviganti. Anche per me la sua vista è stato un sollievo –ebbenesì, ho paura dell’aereo – e un’inattesa meraviglia il suo famoso tramonto, complice anche laBirra Alfa, che certo ai tempi non avrei apprezzato altrettanto (e credo nemmeno esistesse).
Più difficile, è ovvio, parlare di Atene, che conoscevo (troppo e forse male) dai libri per provarne meraviglia. Però un momento rivelatore è stato vedere l’Acropoli, finalmente, dallo spazio lontano dell’Agorà. Così doveva apparire ai suoi polites intenti alle interminabili discussioni e alla spesa quotidiana: protettrice e minacciosa, luogo al tempo stesso della Dea e dell’Areopago.
Arrivarci subito da sotto, come vuole oggi il percorso turistico, l’ho trovato snaturante e insensato: il Partenone ti cade addosso senza che quasi tu te ne accorga.
Bello e intelligente, invece, il nuovo Museo dell’Acropoli, pensato con criteri moderni – a differenza dello storico Museo Archeologico, un po’ deludente – dove campeggia il fregio del Partenone e dove ho scattato di nascosto – vietato, vietato- la foto di una kore con accanto la sua copia di gesso restituita ai colori originari. Uno choc salutare per tutti noi patiti del Mondo Classico: erano kitsch questi Antichi Greci, mettiamocelo bene in testa!
Il Citerone incute ancora timore. Intanto non è un monte, ma una catena – beata mia ignoranza- e il luogo è ancora abbastanza inospitale per lasciare immaginare che cosa potesse essere nella notte dei tempi. Arrivarci dentro presenta problemi di viabilità –già le strade greche non sono un granché – soprattutto per i nostri odierni timori di viaggiatori dell’era di internet (lì il cellulare non prende, chi viene a soccorrerti se vedi il lupo…?). Poi soffia un vento tremendo e al tramonto la natura prende un aspetto maestoso e sinistro. Bello e terribile. Ma come avrà fatto Edipo a sopravvivere fino all’arrivo del pastore?
Finalmente Micene, e qui tutto è come dev’essere. Le mura possenti, la Porta dei leoni, i resti del Palazzo, e soprattutto la bellezza spettacolare del luogo. Certo che Clitemnestra ha visto bene, dall’alto, le navi che approdavano: lo sguardo di qui domina gli spazi fino al mare. E ha avuto tutto il tempo per prepararsi all’arrivo di Agamennone…
Fine dal mio racconto frammentario, fatto a spizzichi e non a bocconi perché di cibo non ho parlato, questa volta. Ma rimando al post sulla Taberna Platea di Olimpia. La miglior esperienza gastronomica del viaggio. Non iniziatica, certo. Anche invecchiare ha i suoi vantaggi.