Polenta Bastarda Con Il Castelmagno -ph Silvana Delfuoco
Polenta bastarda con il Castelmagno -ph Silvana Delfuoco

LA Valle Grana e la polenta bastarda

Valle Grana da Castelmagno -ph Silvana Delfuoco

Valle Grana da Castelmagno -ph Silvana Delfuoco

Se dare a qualcuno del bastardo di solito non viene percepito come un complimento, a Caraglio, nella cuneese Valle Grana, non sempre è così. Bastarda si chiama infatti  una particolare polenta, introvabile altrove, così buona da averle persino intitolato una Sagra. Quest’anno, il non-a-caso bisesto 2020, sarà difficile riuscire a organizzarla, ma ciò non toglie che tutti possano prepararsi la polenta a casa, soprattutto in questi giorni di interminabile inverno.

La sua ricetta è semplicissima, e non differisce certo da quella delle altre polente. Ma il suo pregio sta tutto nella farina, il suo ingrediente base: un misto di cinque antiche varietà autoctone, riscoperte e rimesse in coltivazione, dopo molti anni di accurate ricerche, da Lucio Alciati, infaticabile e appassionato ricercatore di prelibatezze locali. E a lui si deve anche il recupero della leggenda, da cui tutto è nato…

 

Una bastarda polenta del…diavolo!

Polenta bastarda: il mais -ph Lucio Alciati

Polenta bastarda: il mais -ph Lucio Alciati

Lo zampino del diavolo! Come poteva non entrare in una storia legata ai sudori della terra? E come poteva l’intera faccenda non concludersi bene, cioè del tutto al contrario delle sataniche intenzioni? Perché in queste vicende del saggio tempo antico, il diavolo, in fondo, è quasi sempre un “buon diavolo”, più buontempone che davvero satanico.

E anche il diavolo della leggenda raccolta da Alciati voleva piuttosto divertirsi alle spalle di cinque famiglie di mezzadri della pianura caragliese che metterli davvero in guai troppo seri.

Rimando i curiosi dell’intera vicenda in tutti i suoi dettagli alle parole autorevoli di Lucio Alciati nel suo: leggendedellavallegrana.blogspot.com  Qui vi

Polenta bastarda: il mais -ph Lucio Alciati

Polenta bastarda: il mais -ph Lucio Alciati

basti sapere che la futura “polenta bastarda” nasce dalla casuale (o diabolica?) combinazione di cinque diverse varietà  di mais – ottofile, nostrale dell’isola, pignolet, bianco perla e mais bianco del Veneto – che il vento mescolò insieme al momento dell’impollinazione, così che ne uscì una farina, e di conseguenza una polenta, imbastardita.

Che però risultò così buona – con prevedibile scorno del diavolo  burlone – da farla apprezzare da tutti i commensali.

 

Castelmagno in stagionatura a La Meiro – ph Silvana Delfuoco

Una polenta in Valle Grana

Il modo più “valligiano” di condire la polenta, da queste parti, è senza dubbio con il formaggio Castelmagno, altra indiscussa, e sicuramente molto più nota, gloria locale. Il Castelmagno va aggiunto, grattugiato, verso fine cottura. Ma una delizia è anche spalmarlo, dopo averlo lavorato fino a farne una crema, sulle fette di polenta abbrustolita… Ora basta così: io sono a dieta!

 

 

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