Una Taberna nei dintorni di Olympia

Taberna PiatiaSeconda cena in Grecia, anche questa in una Taberna, come già ieri sera a Delfi. Non trovata sulla Lonely planet questa volta, ma indicata dal signor Panagiotis, il cortesissimo albergatore del Krono di Olympia dove siamo appena arrivati. Prima si assicura che, davvero, vogliamo una cucina greca autentica; poi sorride, contento anche lui che oi touristoi apprezzino il suo Paese. Ci aspetterà alzato, anche se torneremo a mezzanotte passata, per essere sicuro che possiamo trovare posto nel piccolo parcheggio dell’hotel, disposto in caso contrario a spostare la sua automobile. Non sarà necessario, ma questa è la xenìa che abbiamo incontrato, e non una volta sola, durante il nostro viaggio.

La Taberna Piatia si trova, come è ovvio, sull’unica piazza di un minuscolo paesino a 5 km da Olympia di cui non ricordo il nome (ma ci saprei tornare). Tre case, come si dice, ma parcheggio selvaggio: lasciamo la macchina in sosta (forse?) vietata, con qualche patema ma scopriamo che altri hanno assolutamente meno scrupoli. Un aspetto, questo, della Grecia che sconcerta noi “nordici” abituati a rispettare malgré tout il codice della strada…

piattiIl locale, piccolo e assolutamente kitsch nell’arredo, è frequentato (lo scopriremo poi) anche dai “notabili” dei dintorni per l’ottima cucina non così convenzionale. Il giovane chef, aiutato dalla mamma, parla anche tedesco (ne sono contenta, io anglofona mancata) ed è molto disinvolto. Sicuramente ha lavorato all’estero e conosce il mestiere. I piatti che arrivano in tavola (faccio io?) sono quelli della tradizione, ma con un tocco in più di savoir faire. La moussakà sarà la migliore in assoluto tra quelle che assaggeremo anche nei giorni successivi: arricchita, come tutto il resto, da un sapiente uso delle erbe aromatiche. dolciE poi… un tripudio di polpettine, quiches (non so i nomi in greco) carne alla griglia, insalata… Per terminare con un dolce accompagnato da una crema allo yoghurt, anche lui di studiata semplicità. Chiediamo al nostro anfitrione (qui il nome è quello giusto) di scegliere per noi anche il vino. Ce lo porta bianco, senza indecisioni (per noi, rossi piemontesi, sembra una delusione). Eppure anche questa (presumibile) retsina, che ci arriva sfusa e senza etichetta è quanto di meglio si possa pensare per accompagnare i piatti.

Arriviamo alla fine, sazi e felici (digeriremo benissimo). Anche il giovane chef, e la sua mamma, sembrano contenti e ci salutano con calore. Oi touristoi hanno apprezzato.

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