Felicemente Prosecco!

Prosecco batte Champagne. Se ne parla da mesi e la conferma è arrivata in questi giorni dal centro di analisi americano Iri: non è solo una vittoria di numeri nell’export italiano ma anche nel guadagno complessivo che ne è derivato. Ne siamo tutti contenti, per il bene dell’economia nazionale, consapevoli che non sarà questo traguardo a spostare, nemmeno di un millimetro, (anzi, se possibile lo accentuerà ancora di più) il divario tra i sempre più ricchi che magari spendono in una grande etichetta più per il prestigio che l’accompagna – ve lo ricordate il Richard Gere di Pretty women? – che per il piacere che ne ricavano, e quelli che, pur di bere “bollicine” semplicemente si accontentano. Dico questo perché, come ben sanno tutti gli amanti del vino, se è vero che una grande bottiglia spesso può costare molto cara, questo non avviene sempre e, soprattutto, non necessariamente. Dipende. Da tanti fattori: complessi, diversi tra loro, oggettivi e soggettivi e quindi talora sfuggenti. Però dipende. Il Prosecco, per esempio, potrebbe proprio essere la buona occasione per tentare finalmente un serio lavoro di conoscenza del vino rivolto ai giovani, che ne sono i principali fruitori, e – perchè no? – anche…

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