Torino, Una Mongolfiera E Una Luna Ritrosa

Torino, una mongolfiera e una luna ritrosa

A Torino c’è una regola non scritta, e finora comunque non violata: niente può essere più alto della Mole. Lo hanno scoperto, a loro spese, i costruttori dei pochi, pochissimi, -per la verità, due – grattacieli che finora hanno osato innalzarsi nel cielo cittadino. E sarà forse anche per questo che non sembrano profilarsi all’orizzonte altri cultori della materia. Così, con i suoi 167 e rotti metri, l’ardita e stravagante costruzione Antonelliana continua a svettare sul profilo della città, dalle colline alle Alpi passando per il Po, la Dora e l’ansa della Stura. Ma… c’è sempre un “ma”. E c’è sempre un modo per contravvenire alle regole, soprattutto quando – siamo pur sempre a Torino – si riesce a farlo senza venir meno alla sacralità della tradizione. Anzi, quando è la tradizione stessa a chiederlo.   Una mongolfiera sopra Torino Era infatti l’11 dicembre 1783 quando un “pallone aerostatico”, uno dei primi nella storia dell’aviazione italiana, di proprietà di tre soci dell’Accademia della Scienza di Torino, Roberto De Lemanon, Carlo Antonio Galeani-Napione di Cocconato e Giuseppe Amedeo Corte di Bonvicino, decollò in città, da uno spiazzo tra le case del Borgo Dora, suscitando la meraviglia degli astanti. Non c’è dunque…

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Non C’è Spreco Alla Tavola Delle AFFINITA’

Non c’è spreco alla tavola delle AFFINITA’

Se è vero che la vita è l’arte dell’incontro, la tavola è certo tra i luoghi migliori dove quest’arte merita di venir praticata. Ne sa qualcosa AFFINI - nomen omen, direbbero gli antichi - locale nel cuore del torinese San Salvario, di cui Davide Pinto è patron e anima instancabile, dove dall’esercizio della mixology e del food pairing si è approdati al progetto AFFINITA’: una serie di appuntamenti socio-gastronomici a tema, che già stanno dando frutti interessanti. Così, lo scorso 28 giugno, alla tavola delle AFFINITA’ si è parlato, e cucinato, sul tema “Non spreco e sostenibilità”. I due giovani chef Yari Sità e Luca Zara, sperimentando sul campo e facendo interagire tra loro “cucina liquida” e “cucina di tradizione”, hanno cercato di valorizzare al meglio le “affinità” nascoste fra culture, culinarie e non solo, talvolta agli antipodi soltanto in apparenza. Sono nati così una serie di piatti accomunati da un unico elemento: gli ingredienti, per la maggior parte…in scadenza di mercato! Per un’autentica, e del tutto insospettabile, “cucina degli avanzi”. AFFINITA' senza spreco: i piatti Noi ricordiamo, in particolare, la Tataki di vitello marinato in carpione alla soia 48 ore con piccola giardiniera di Yari, a cui Luca ha contrapposto…

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Ramassin: Marmellata O Conserva?

Ramassin: marmellata o conserva?

Stagione di ramassin. Sono quelle susine piccole e ovali, buonissime quando l’annata, come quella in corso, le produce in quantità. Le ho conosciute da quando vivo in Piemonte, e in particolare da quando le raccolgo di persona, nel frutteto di amici consenzienti, nel Cuneese. A me piacciono così, come la natura le ha fatte, ma quando sono davvero tante fare la marmellata è una tentazione. Ho scritto “marmellata” e non “conserva”, come invece diceva mia nonna a proposito della frutta. E la ricetta che segue è un adattamento, visto che lei non conosceva i ramassin, della sua “conserva di susine”. Ma l’ho provata e funziona. Perché si chiamano ramassin? La risposta più logica me l’ha data un contadino della zona: perché per raccoglierle bisogna ramassè, cioè raccoglierle da terra come per “fare pulizia”. Se invece cercate una spiegazione più nobile, accomodatevi pure.                                               DOSI: Secondo quantità, tenendo conto che: per ogni 100 gr di ramassin in natura 60 gr di zucchero se piace, la buccia e/o il succo di un limone              …

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EIANDA: I Sapori Genovesi Di …Cuneo

EIANDA: i Sapori Genovesi di …Cuneo

“Cuneo per noi”: parafrasando Paolo Conte, così è la ragione dell’apertura di EIANDA  piccolissimo locale, tutto genovese, nel cuore della vecchia Cuneo. «Perché qui? – spiega il proprietario – Perché, anche se vengo da Genova, questo era da sempre il mio sogno: Cuneo! Una bellissima città».   Eianda e Cuneo E mentre parla si guarda attorno, come a voler abbracciare con gli occhi quest’angolo di Contrada Mondovì, prima isola pedonale di Cuneo ormai da una quindicina d’anni. Con i suoi portici popolati da negozi “storici” e attraversata da viuzze, come quella in cui sorge EIANDA Sapori Genovesi, dove anche le case hanno molto da raccontare. Proprio a fianco del ristorante, per esempio, si trova l’antica Sinagoga, oggi non più adibita al culto ma perfettamente conservata nell’architettura e negli arredi. E al termine della via ci si trova nel Parco fluviale del torrente Gesso, che fiancheggia fino a rinchiuderlo il “cuneo” da cui la città prende nome. Né i Cuneesi sono rimasti insensibili davanti a tanta dichiarazione d’affetto. EIANDA, subito adottata, ha ormai un suo pubblico di aficionados che rischia di non lasciare quasi spazio nei sei tavolini del dehors estivo, ai turisti che si avvicinano incuriositi. Dopo vari tentativi andati…

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