Ramassin: marmellata o conserva?
Stagione di ramassin. Sono quelle susine piccole e ovali, buonissime quando l’annata, come quella in corso, le produce in quantità. Le ho conosciute da quando vivo in Piemonte, e in particolare da quando le raccolgo di persona, nel frutteto di amici consenzienti, nel Cuneese.
A me piacciono così, come la natura le ha fatte, ma quando sono davvero tante fare la marmellata è una tentazione. Ho scritto “marmellata” e non “conserva”, come invece diceva mia nonna a proposito della frutta. E la ricetta che segue è un adattamento, visto che lei non conosceva i ramassin, della sua “conserva di susine”. Ma l’ho provata e funziona.
Perché si chiamano ramassin? La risposta più logica me l’ha data un contadino della zona: perché per raccoglierle bisogna ramassè, cioè raccoglierle da terra come per “fare pulizia”.
Se invece cercate una spiegazione più nobile, accomodatevi pure.
DOSI:
Secondo quantità, tenendo conto che:
per ogni 100 gr di ramassin in natura
60 gr di zucchero
se piace, la buccia e/o il succo di un limone
PREPARAZIONE:
Snocciolate i ramassin, metteteli a bollire senz’acqua per 5/10 minuti e quindi passateli in un mixer ( mia nonna setacciava…) per ottenere una purea.
Rimettete tutto sul fuoco, aggiungete lo zucchero e, se volete, il limone, e mescolate spesso, finché la consistenza sarà quella giusta: ma vedrete che non ci vorrà molto. Mia nonna ne versava un cucchiaio su di un piatto per controllare che scorresse lentamente. Se ci sono residui di bucce, io li lascio a riprova della “fattura casalinga”.
Versate il tutto ancora caldo nei vasetti sterili, capovolgeteli a testa in giù e lasciateli raffreddare. Quando li rigirate, verificate che il coperchio abbia il doveroso incavo: non si sa mai.