Pertois-Lebrun, uno champagne a Cramant

Ne ho assaggiati, di champagne. Non un’enormità – non sono una degustatrice professionista– ma un certo qual numero sì. E comunque abbastanza da costruire il mio gusto fai-da-te: sarà banale dirlo, ma è certo meglio il brut, dal fresco impatto minerale, con appena una punta di miele che si trascina nel retrogusto. Ma, soprattutto, meglio che nasca blanc de blanc. A quest’ultima conclusione sono arrivata proprio qui, tra i vigneti che da Épernay salgono alla Montagna di Reims, in questa piccola-grande Cramant, cuore della Côte de Blancs. È stato, come spesso accade per i segni del destino, dovuto a un imprevisto il mio fortunato incontro con madame Françoise, che nella sua Maison Pertois-Lebrun accolse allora con cortesia quegli sbadati visitatori sens réservation: errore non perdonabile da queste parti, dove tutti gli appuntamenti si fissano inesorabilmente en avant! Già al primo assaggio, nella mia testarda ingenuità da italienne amante dei rossi corposi, non volevo arrendermi di fronte all’evidenza. Possibile che fosse davvero figlio di uno chardonnay quel vino capace di una così potente eleganza? Perché nulla aveva in realtà da spartire con gli sbiaditi esiti che, partendo dallo stesso vitigno, mi avevano spesso deluso in patria. Era questo il motivo che…

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Domaine Pansiot, un bicchiere di Borgogna

Il mio primo Hautes Côtes de Nuits firmato Eric Pansiot l’ho bevuto una sera d’estate di qualche anno fa in un simpatico locale di Beaune di cui purtroppo – me ne rammarico, ma capita anche a me – non ricordo più il nome. Era la mia prima volta anche di escargot à la bourguignonne – altro felicissimo incontro – e l’abbinamento col vino proposto dal patron risultò così riuscito da decidere, seduta stante, di andare subito a conoscerne il produttore. Di un buon bourgogne la mia cantina aveva giusto bisogno. Corgoloin, il paese del Domaine Pansiot, si trova tra Beaune e Nuit St. Geoges, nel cuore della Côte de Nuits, a un soffio dal Clos de Vougeot e dei suoi Grand Crus classés. Il vantaggio, secondo me, di questi piccoli terroir a fianco dei grandi nomi, dove predominano le Appellations Régionales e quelle Communales, è che sono coltivati in prevalenza da récoltants-proprietaires, come si dice da queste parti. In altre parole, a differenza di quello che succede nei Grand Crus della mitica Côte d’Or, ormai proprietà di multinazionali che poco o nulla hanno a che fare con le tradizioni locali, nelle mani di gente del posto, che in questi luoghi vive…

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Amsterdam & c. il viaggio continua: l’Europa Unita delle piazze…baraccate

Imbattersi nelle piazze delle città europee “baraccate” a festa è stata una delle inattese curiosità di questo viaggio. Siccome l’estate è per tutti tempo di sagre, e l’estate nordica è molto breve, dieci giorni di viaggio nei Paesi Bassi sono stati un susseguirsi incredibile, e da me assai poco gradito, di festeggiamenti. Perché da Treviri ad Amsterdam, passando per altre località intermedie, le feste, sportive o patronali che siano, vengono gestite esattamente come succede da noi: tendopoli, stand più o meno gastronomici, mostruose giostre per i piccoli… Quando non palchi e tribune e addirittura – parlo di Amsterdam e della sua Dam Square – un intero stadio di basket su misura! Meglio così? Mal comune mezzo gaudio? Vuol dire che niente di nuovo è sotto il sole? Anche loro vittime del cattivo gusto dilagante? Oppure… La differenza rispetto a quello che spesso capita da noi, o almeno così mi è sembrato di percepire, credo stia proprio nella tranquilla, pubblica, indifferenza verso il fatto. Non ho visto proteste né gesti di fastidio, non ho sentito nessuna lamentatio da parte dei soliti, noiosi, vecchiardi benpensanti (tra cui mi metto volentieri anch’io, reduce dalla visione dell’ultimo scempio torinese di via Garibaldi in periodo…

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Amsterdam & c. continua: Treviri

Ne aveva parlato bene nel suo poema sulla Mosella anche Decimo Magno Ausonio, che qui era vissuto per parecchi anni come precettore del figlio di un romano imperatore, Valentiniano I mi pare. Perché Treviri a quel tempo (siamo nel III secolo d.C.) era divenuta sede imperiale e capitale d’Occidente. Un passato ormai remoto che però ha lasciato un segno tangibile nella conservata eleganza delle architetture, dalla splendida Porta Nigra, tuttora ingresso al piccolo centro storico, agli altri numerosi edifici di epoca romana e medievale, primo fra tutte la Liebfrauenkirche, capolavoro del gotico tedesco. Peccato allora che il ricordo di Ausonio, che doveva essere un signore simpatico, amante com’era del buon vino e della buona vita, qui non abbia lasciato traccia (non ho trovato nemmeno una viuzza intitolata a lui), mentre ben in vista è la casa dell’illustre personaggio cui la città ha dato i natali, il filosofo Karl Marx: 10 Brückenstrasse, cuore del quartiere borghese di Treviri. E chissà se a lui piaceva il vino della Mosella, o almeno era un intenditore delle ottime birre che si bevono da queste parti! Ne ho fatto un felicissimo assaggio (di birre, intendo) alla Wirtshaus “Zur Glocke”, storico tranquillissimo locale, frequentato da gente del…

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Lucius di Amsterdam, una cucina di pesce

Lucius è stato una delle sorprese più piacevoli in assoluto di Amsterdam. Il fatto che parlino (davvero) italiano è stato, lo confesso, una delle ragioni iniziali che mi hanno spinto a sceglierlo. Colpa mia che non spiccico una parola d’inglese, lo so, ma mi piace che un ristoratore faccia il possibile per mettere a suo agio l’ospite, soprattutto quando è straniero. E se la pensate come me, questo è il posto giusto. Per fortuna, non soltanto per questo. Il locale ha un aspetto, a prima vista, spartano: piastrelle alle pareti, tavoli di legno da osteria senza tovaglie a destra e a sinistra, separati da un corridoio centrale dove il personale si muove veloce e, così sembra, un po’ sbrigativo. In realtà, a uno sguardo più attento, si scopre quasi subito che qui niente è lasciato al caso. Questi arredi hanno di sicuro una loro storia, che si è scelto con intelligenza di non cambiare per seguire inutili mode. L’accoglienza è immediata, cordiale e senza fronzoli; l’attesa per l’ordinazione, appena preso posto, affatto lunga nonostante l’affollamento, incredibile vista l’ora nordicamente tarda (quasi le nove di sera, un record…); le spiegazioni sui piatti veloci ma chiare e sorridenti; e, soprattutto, i volti…

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Amsterdam & c.

Dopo la Grecia, i Paesi Bassi. Nell’anno in cui le due Europe si fronteggiano l’un contro l’altra armate, sono contenta di averle adocchiate entrambe. Non iniziatico come il precedente questo secondo viaggio, e certo troppo breve pur nella sua intensità. Ma ne è valsa la pena. Dopo una breve tappa di passaggio a Treviri – bella, merita riparlarne – ecco l’Olanda. In realtà qualche remota attesa sotto sotto c’era per il paese di “Pattini d’argento”, best seller strappalacrime della mia infanzia. Canali ghiacciati, zoccoletti di legno, fanciulle con le treccine e le cuffiette bianche, mulini a vento… Niente di tutto questo, naturalmente, a parte i mulini a vento che c’erano, sotto un inatteso sole nordico. A metà strada tra l’archeologia industriale e la cartolina per turisti, fanno ancora la loro figura. Alcuni di loro sono diventati fiorite e linde casette, presumo per le vacanze perché non oso pensare al coraggio di viverci tutto l’anno, così isolati e in vetrina contemporaneamente. Ma chissà! Ho capito in fretta che qui quasi nulla funziona secondo il mio mediterraneo metro di giudizio... Giornata, quella lungo i mulini, che sarebbe stata comunque molto piacevole, se non fosse stata segnata – tanto per cominciare – dal…

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