Ziccat: cioccolatieri a Torino

Il primo a non voler fare “una figura da cioccolataio” – e cioè una vera figuraccia, come ancora oggi si usa dire a Torino – pare sia stato nientemeno che un re. E non il solito re delle favole, a cui si possono attribuire fatti e misfatti senza timore di essere contraddetti, ma un re vero, in carne e ossa, con tutti gli storici incartamenti in regola: Carlo Felice di Savoia, re di Sardegna, oltre che di Piemonte, Cipro e Gerusalemme, dal 1821 al 1831. Pare che in quegli anni a Torino vivesse un fabbricante di cioccolato divenuto così ricco da potersi permettere di girare per la città su di una carrozza trainata nientemeno che da quattro cavalli – lusso inconcepibile, all’epoca, per un semplice “borghese” – e decisamente più sfarzosa persino di quella regale. Di qui il risentimento del sovrano, notoriamente poco disposto a concessioni democratiche e tantomeno a tollerare risatine allusive al suo augusto passaggio. Certo all’epoca non doveva essere grande il rispetto per il lavoro artigianale, specie quando, a furia di schiacciare fave di cacao, i “cioccolatai” riducevano in pessimo stato faccia e vestiti, senza troppo preoccuparsi dell’immagine di sé che ne derivava. Nello stesso tempo, l’aneddoto…

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Roma, dove ancora si mangia in trattoria

La prima differenza la fa il Ponentino. Arriva suadente, che non te lo aspetti, ma subito annusi un’aria diversa. È allora che cominci a guardarti intorno, rallentando passo e pensieri, e sei fatto: di Roma non ti liberi più! Caotica, disorganizzata, strafottente… ma chi l’ha detto? Sono arrivata carica di nordiche diffidenze e prevenzioni e me ne sono andata con il ricordo di una città inaspettata e accogliente, dove spero di ritornare presto. «Già, perché qui è ancora tempo di ferie – spiegava l’arcano Raffaella, la nostra simpatica anfitriona di Casa Zavatti– aspettate che inizi a lavorare il Parlamento e comincino le scuole e vedrete quello che succede! » Di sicuro avrà avuto ragione lei, ma intanto la mia Roma è stata questa. Certo, non sempre i mezzi pubblici sono stati il massimo dell’efficienza, metropolitana antidiluviana in testa (ma noi, da bravi turisti, abbiamo macinato chilometri a piedi); certo, l’apertura dei Musei spesso non è stata quella prevedibile (ma poi ci si aggiusta “alla romana”, magari aggirando l’ostacolo con una telefonata… quasi sempre almeno!); certo, i prezzi dei taxi, alla richiesta, rasentavano la follia (ma basta non prenderli: perché correre?). In compenso, la vita scorre senza affanni; le persone sono…

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Felicemente Prosecco!

Prosecco batte Champagne. Se ne parla da mesi e la conferma è arrivata in questi giorni dal centro di analisi americano Iri: non è solo una vittoria di numeri nell’export italiano ma anche nel guadagno complessivo che ne è derivato. Ne siamo tutti contenti, per il bene dell’economia nazionale, consapevoli che non sarà questo traguardo a spostare, nemmeno di un millimetro, (anzi, se possibile lo accentuerà ancora di più) il divario tra i sempre più ricchi che magari spendono in una grande etichetta più per il prestigio che l’accompagna – ve lo ricordate il Richard Gere di Pretty women? – che per il piacere che ne ricavano, e quelli che, pur di bere “bollicine” semplicemente si accontentano. Dico questo perché, come ben sanno tutti gli amanti del vino, se è vero che una grande bottiglia spesso può costare molto cara, questo non avviene sempre e, soprattutto, non necessariamente. Dipende. Da tanti fattori: complessi, diversi tra loro, oggettivi e soggettivi e quindi talora sfuggenti. Però dipende. Il Prosecco, per esempio, potrebbe proprio essere la buona occasione per tentare finalmente un serio lavoro di conoscenza del vino rivolto ai giovani, che ne sono i principali fruitori, e – perchè no? – anche…

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OSIRIS: Parigi val bene una mostra!

Entrate e lasciatevi catturare. Dal suggestivo allestimento innanzitutto, che suggerisce l’illusione del fondo marino dove la maggior parte delle opere esposte ha dormito per secoli; poi dal mistero affascinante del mito di Osiride, qui raccontato con l’efficace, invidiabile, semplicità propria dell’école française; e infine dall’eccezionale bellezza di tutto quello che troverete esposto, dai reperti recuperati nello scavo a quelli già noti, provenienti da musei o collezioni, che vengono loro intelligentemente affiancati per completarne e sottolinearne il senso. “OSIRIS – Mysteres engloutis d’Egypte”, visitabile all’Institut du Monde Arabe di Parigi ancora fino al 31 gennaio 2016, è sicuramente tra le mostre più singolari e interessanti che mi sia capitato di vedere quest’anno, anche se confesso di esserci capitata quasi per caso, girovagando senza una meta precisa in una soleggiata e fresca mattinata autunnale. L’esposizione prende origine dallo scavo, iniziato nel 1997, del sito archeologico di Thonis-Heracleion e della città di Canopi nella baia di Aboukir, in Egitto, non lontano da Alessandria. Sommersi da un terremoto circa 1200 anni fa, e tuttora in fondo al mare, templi e abitazioni hanno restituito, grazie al poderoso lavoro degli archeologi subacquei documentato dagli avvincenti filmati intervallati qua e là nelle sale, tutto quello che il…

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Mangiare a Parigi: pranzo in moschea, cena in capanna

Una bellissima giornata parigina, sole e vento freddo dall’océan giusto per ricordarci che siamo a nord. Eppure qui i colori, i profumi e i linguaggi incontrati per strada fanno di tutto per distrarre e confondere il turista girovago. Così, dopo un tuffo – e non si fa soltanto per dire, visto il soggetto – in tarda mattinata nella bellissima mostra su Osiris all’Istituto Islamico, ecco arrivare la voglia di un non preventivato cous cous. La Moschea di Parigi non è lontana ed è sicuramente il posto giusto. Il restaurant-salon de thé- souk- hammam La Mosquée si trova infatti al 39 di rue Geoffroy Saint-Hilaire, nel perimetro del luogo sacro, ed è aperto tutti i giorni dalle 9.00 alle 24.00. Aperto e frequentatissimo, a quel che ho visto, da parigini e turisti non necessariamente islamici: ragazze e signore di varie età, direi in primis. Che le razioni fossero abbondanti me l’avevano detto, e la realtà ha superato le aspettative! Ma sia il mio cous cous kefta boeuf con le verdure, che la tajine agneau, olive, citron del mio accompagnatore sono state inesorabilmente divorate fino all’ultima semola, fra gli educati bon appetit di sorridente compiacimento degli avventori dei tavoli vicini. Giusto un…

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Il Paradiso è a Caraglio

È un orto vero quello che apre la mostra, allestito nei due grandi cortili del Filatoio Rosso di Caraglio, curato da Paolo Pejrone, con l’aiuto quotidiano sul campo (questa volta, nel senso letterale del termine) del personale dell’Associazione Marcovaldo. E che alla fine i peperoni, appetibili frutti di stagione, siano misteriosamente scomparsi proprio la vigilia dell’inaugurazione, come Pejrone stesso ha raccontato con sorridente nonchalance, non è che un’ulteriore prova di quante difficoltà e quanti imprevisti comporti la coltivazione di un orto… Ma l’orto rimarrà lì, fino a fine mostra ad autunno inoltrato, pietra di paragone reale e mutevole per strappare una riflessione in più nel confronto con quegli altri giardini, di cui rappresenta pur sempre la forma universale, pronti a raccontare, di sala in sala, il viaggio degli uomini, andata e ritorno, tra cielo e terra. Gli "Orti del Paradiso" , così si intitola la mostra pensata da Martina Corgnati, si snoda infatti lungo un non scontato percorso atemporale suddiviso per quattro tematiche: Gan Eden, l’ideale giardino – Le Quattro stagioni – Ritratti di giardini – Dal giardino alla tavola. E l’idea portante, dall’orto dei cortili ai giardini dentro le sale, è proprio quella dell’intervento mutevole e mutante del tempo: dentro e…

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A Torino è arrivato Monet

Partiamo da quello che non c’è: qui non ci sono le Ninfee. Ovvio, non fanno parte delle collezioni del Musée d’Orsay, generoso “prestatore” d’opere, nonché prezioso collaboratore all’allestimento. Dico questo senza malizia né secondi fini, soltanto per ricordare che, fra questi quaranta capolavori in mostra alla GAM  di Torino fino al 31 gennaio 2016, manca però una parte secondo me essenziale dell’opera di Monet. In compenso (e questo fia suggel con quel che segue) c’è l’inatteso e praticamente mai visto frammento (si fa per dire, visto che misura 248 x 218 cm) di Colazione sull’erba, omaggio e sfida al suo quasi omonimo Manet. Visto che era stato lui stesso a tagliarla in tre parti, questa enorme tela, dopo quasi vent’anni di abbandono alle muffe di una cantina, nulla di dissacrante. Istruttivo invece, direi, vedere, qui, questo quadro in posizione centrale accanto a quella meraviglia compiuta del ritratto di Madame Louis Joachim Gaudibert. C’è da chiedersi se Monet sarebbe stato d’accordo sull’accostamento… A parte questa, che non è sicuramente da poco, la mostra di sorprese non ne riserva altre: paradossalmente troppo bella per emozionare davvero? Un susseguirsi di capolavori senza soluzione di continuità, che non danno tempo per riprendere fiato. Un full…

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Boris Mikhailov, mostra a CAMERA, Torino

Premessa: di fotografia, non ho difficoltà ad ammetterlo, capisco tra il poco e il niente, e non sono certo questi tristi tempi di selfie e di photoshop a spingermi al ravvedimento. Con questo spirito mi sono avviata stamattina alla conferenza stampa di apertura di CAMERA – Centro Italiano per la Fotografia, il nuovo spazio multidisciplinare che apre da oggi a Torino (e dove, se no?), con l’intento di divenire in breve un punto di riferimento nazionale e internazionale per quanti guardano alla fotografia come a un’arte fondamentale. L’impresa è davvero di quelle che fanno tremare le vene e i polsi. Un palazzo dell’Ottocento, nato come Convento delle suore di san Giuseppe e poi passato attraverso varie destinazioni, viene ripensato per adeguarlo alle esigenze espositive contemporanee senza snaturare la storia del luogo né del suo contesto. Tutto questo in pieno centro storico, a pochi passi dal magico Museo Nazionale del Cinema, perfettamente a suo agio negli esoterici spazi della Mole Antonelliana. E fin qui, l’evento culturale. Che mi è parso bello, ben fatto e ben avviato, come spesso, per non dire quasi sempre, a Torino succede. Non vorrei aggiungere: fino a quando… (su, Torinesi, completate la frase). Nella speranza che questa volta…

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Pertois-Lebrun, uno champagne a Cramant

Ne ho assaggiati, di champagne. Non un’enormità – non sono una degustatrice professionista– ma un certo qual numero sì. E comunque abbastanza da costruire il mio gusto fai-da-te: sarà banale dirlo, ma è certo meglio il brut, dal fresco impatto minerale, con appena una punta di miele che si trascina nel retrogusto. Ma, soprattutto, meglio che nasca blanc de blanc. A quest’ultima conclusione sono arrivata proprio qui, tra i vigneti che da Épernay salgono alla Montagna di Reims, in questa piccola-grande Cramant, cuore della Côte de Blancs. È stato, come spesso accade per i segni del destino, dovuto a un imprevisto il mio fortunato incontro con madame Françoise, che nella sua Maison Pertois-Lebrun accolse allora con cortesia quegli sbadati visitatori sens réservation: errore non perdonabile da queste parti, dove tutti gli appuntamenti si fissano inesorabilmente en avant! Già al primo assaggio, nella mia testarda ingenuità da italienne amante dei rossi corposi, non volevo arrendermi di fronte all’evidenza. Possibile che fosse davvero figlio di uno chardonnay quel vino capace di una così potente eleganza? Perché nulla aveva in realtà da spartire con gli sbiaditi esiti che, partendo dallo stesso vitigno, mi avevano spesso deluso in patria. Era questo il motivo che…

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Domaine Pansiot, un bicchiere di Borgogna

Il mio primo Hautes Côtes de Nuits firmato Eric Pansiot l’ho bevuto una sera d’estate di qualche anno fa in un simpatico locale di Beaune di cui purtroppo – me ne rammarico, ma capita anche a me – non ricordo più il nome. Era la mia prima volta anche di escargot à la bourguignonne – altro felicissimo incontro – e l’abbinamento col vino proposto dal patron risultò così riuscito da decidere, seduta stante, di andare subito a conoscerne il produttore. Di un buon bourgogne la mia cantina aveva giusto bisogno. Corgoloin, il paese del Domaine Pansiot, si trova tra Beaune e Nuit St. Geoges, nel cuore della Côte de Nuits, a un soffio dal Clos de Vougeot e dei suoi Grand Crus classés. Il vantaggio, secondo me, di questi piccoli terroir a fianco dei grandi nomi, dove predominano le Appellations Régionales e quelle Communales, è che sono coltivati in prevalenza da récoltants-proprietaires, come si dice da queste parti. In altre parole, a differenza di quello che succede nei Grand Crus della mitica Côte d’Or, ormai proprietà di multinazionali che poco o nulla hanno a che fare con le tradizioni locali, nelle mani di gente del posto, che in questi luoghi vive…

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