Amsterdam & c. il viaggio continua: l’Europa Unita delle piazze…baraccate

Imbattersi nelle piazze delle città europee “baraccate” a festa è stata una delle inattese curiosità di questo viaggio. Siccome l’estate è per tutti tempo di sagre, e l’estate nordica è molto breve, dieci giorni di viaggio nei Paesi Bassi sono stati un susseguirsi incredibile, e da me assai poco gradito, di festeggiamenti. Perché da Treviri ad Amsterdam, passando per altre località intermedie, le feste, sportive o patronali che siano, vengono gestite esattamente come succede da noi: tendopoli, stand più o meno gastronomici, mostruose giostre per i piccoli… Quando non palchi e tribune e addirittura – parlo di Amsterdam e della sua Dam Square – un intero stadio di basket su misura! Meglio così? Mal comune mezzo gaudio? Vuol dire che niente di nuovo è sotto il sole? Anche loro vittime del cattivo gusto dilagante? Oppure… La differenza rispetto a quello che spesso capita da noi, o almeno così mi è sembrato di percepire, credo stia proprio nella tranquilla, pubblica, indifferenza verso il fatto. Non ho visto proteste né gesti di fastidio, non ho sentito nessuna lamentatio da parte dei soliti, noiosi, vecchiardi benpensanti (tra cui mi metto volentieri anch’io, reduce dalla visione dell’ultimo scempio torinese di via Garibaldi in periodo…

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Amsterdam & c. continua: Treviri

Ne aveva parlato bene nel suo poema sulla Mosella anche Decimo Magno Ausonio, che qui era vissuto per parecchi anni come precettore del figlio di un romano imperatore, Valentiniano I mi pare. Perché Treviri a quel tempo (siamo nel III secolo d.C.) era divenuta sede imperiale e capitale d’Occidente. Un passato ormai remoto che però ha lasciato un segno tangibile nella conservata eleganza delle architetture, dalla splendida Porta Nigra, tuttora ingresso al piccolo centro storico, agli altri numerosi edifici di epoca romana e medievale, primo fra tutte la Liebfrauenkirche, capolavoro del gotico tedesco. Peccato allora che il ricordo di Ausonio, che doveva essere un signore simpatico, amante com’era del buon vino e della buona vita, qui non abbia lasciato traccia (non ho trovato nemmeno una viuzza intitolata a lui), mentre ben in vista è la casa dell’illustre personaggio cui la città ha dato i natali, il filosofo Karl Marx: 10 Brückenstrasse, cuore del quartiere borghese di Treviri. E chissà se a lui piaceva il vino della Mosella, o almeno era un intenditore delle ottime birre che si bevono da queste parti! Ne ho fatto un felicissimo assaggio (di birre, intendo) alla Wirtshaus “Zur Glocke”, storico tranquillissimo locale, frequentato da gente del…

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Lucius di Amsterdam, una cucina di pesce

Lucius è stato una delle sorprese più piacevoli in assoluto di Amsterdam. Il fatto che parlino (davvero) italiano è stato, lo confesso, una delle ragioni iniziali che mi hanno spinto a sceglierlo. Colpa mia che non spiccico una parola d’inglese, lo so, ma mi piace che un ristoratore faccia il possibile per mettere a suo agio l’ospite, soprattutto quando è straniero. E se la pensate come me, questo è il posto giusto. Per fortuna, non soltanto per questo. Il locale ha un aspetto, a prima vista, spartano: piastrelle alle pareti, tavoli di legno da osteria senza tovaglie a destra e a sinistra, separati da un corridoio centrale dove il personale si muove veloce e, così sembra, un po’ sbrigativo. In realtà, a uno sguardo più attento, si scopre quasi subito che qui niente è lasciato al caso. Questi arredi hanno di sicuro una loro storia, che si è scelto con intelligenza di non cambiare per seguire inutili mode. L’accoglienza è immediata, cordiale e senza fronzoli; l’attesa per l’ordinazione, appena preso posto, affatto lunga nonostante l’affollamento, incredibile vista l’ora nordicamente tarda (quasi le nove di sera, un record…); le spiegazioni sui piatti veloci ma chiare e sorridenti; e, soprattutto, i volti…

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Amsterdam & c.

Dopo la Grecia, i Paesi Bassi. Nell’anno in cui le due Europe si fronteggiano l’un contro l’altra armate, sono contenta di averle adocchiate entrambe. Non iniziatico come il precedente questo secondo viaggio, e certo troppo breve pur nella sua intensità. Ma ne è valsa la pena. Dopo una breve tappa di passaggio a Treviri – bella, merita riparlarne – ecco l’Olanda. In realtà qualche remota attesa sotto sotto c’era per il paese di “Pattini d’argento”, best seller strappalacrime della mia infanzia. Canali ghiacciati, zoccoletti di legno, fanciulle con le treccine e le cuffiette bianche, mulini a vento… Niente di tutto questo, naturalmente, a parte i mulini a vento che c’erano, sotto un inatteso sole nordico. A metà strada tra l’archeologia industriale e la cartolina per turisti, fanno ancora la loro figura. Alcuni di loro sono diventati fiorite e linde casette, presumo per le vacanze perché non oso pensare al coraggio di viverci tutto l’anno, così isolati e in vetrina contemporaneamente. Ma chissà! Ho capito in fretta che qui quasi nulla funziona secondo il mio mediterraneo metro di giudizio... Giornata, quella lungo i mulini, che sarebbe stata comunque molto piacevole, se non fosse stata segnata – tanto per cominciare – dal…

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Grecia, un percorso iniziatico

No, non sono stata sulle isole. Sarà per una prossima volta.” Meglio premetterlo, visto che è la prima domanda che mi fanno (quasi) tutti quelli che scoprono del mio recente viaggio in Grecia. No, perché questo è stato il mio viaggio iniziatico, arrivato ora con un po’ di ritardo – in fondo, che cos’è mezzo secolo confronto all’eternità? – rispetto a quando lo avevo progettato, nel mio primo anno di scuola media. Una scoperta, allora, che si nutriva dei versi di Omero – ma quanto mi piaceva l’Iliade! – e delle avventure archeologiche di Schliemann. Merito anche, certo, dell’entusiasmo che sapeva trasmettere la mia professoressa –grazie, signora Cantù- e che il tempo, per fortuna ha forse un po’ diluito ma non disperso. Insomma, dovevo vedere i luoghi degli dei e degli eroi. Atene, quindi, innanzitutto, visto che Troia era fuori percorso (e Sparta, purtroppo, inesistente). E poi Delfi dove parlava la Pizia, Olimpia e il recinto sacro delle gare, il Citerone dove Edipo era stato perso e ritrovato, la Micene ricca-d’oro degli Atridi, e poi… Certo anche il mare color-del-vino dei viaggi di Odisseo, la petrosa Itaca, Delo dove Apollo-fu-manifesto, Creta e grotta dei Coribanti… ma questa è un’altra storia,…

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Una Taberna nei dintorni di Olympia

Seconda cena in Grecia, anche questa in una Taberna, come già ieri sera a Delfi. Non trovata sulla Lonely planet questa volta, ma indicata dal signor Panagiotis, il cortesissimo albergatore del Krono di Olympia dove siamo appena arrivati. Prima si assicura che, davvero, vogliamo una cucina greca autentica; poi sorride, contento anche lui che oi touristoi apprezzino il suo Paese. Ci aspetterà alzato, anche se torneremo a mezzanotte passata, per essere sicuro che possiamo trovare posto nel piccolo parcheggio dell’hotel, disposto in caso contrario a spostare la sua automobile. Non sarà necessario, ma questa è la xenìa che abbiamo incontrato, e non una volta sola, durante il nostro viaggio. La Taberna Piatia si trova, come è ovvio, sull’unica piazza di un minuscolo paesino a 5 km da Olympia di cui non ricordo il nome (ma ci saprei tornare). Tre case, come si dice, ma parcheggio selvaggio: lasciamo la macchina in sosta (forse?) vietata, con qualche patema ma scopriamo che altri hanno assolutamente meno scrupoli. Un aspetto, questo, della Grecia che sconcerta noi “nordici” abituati a rispettare malgré tout il codice della strada… Il locale, piccolo e assolutamente kitsch nell’arredo, è frequentato (lo scopriremo poi) anche dai “notabili” dei dintorni per…

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Scrittura al femminile. Moltiplicato tre

Di noi tre scrittrici – Daniela, Roberta ed io - e delle nostre avventure letterarie non avevo ancora parlato qui su diariogoloso. Direi che il momento è arrivato. La vicenda è ormai decantata a sufficienza senza che gli infranti sogni di gloria di questo recente-remotissimo passato suscitino ancora brucianti frustrazioni. Soltanto un po’ di malinconico malumore, siamo umane anche noi. L’idea è stata di Roberta. Sua la soluzione al problema che ci attanagliava: come faranno tre prof, di lettere per giunta, amiche fin dai tempi dell’Università, nonché colleghe per anni nello stesso liceo, a continuare a frequentarsi da pensionate? Senza scambiarsi inutili visite a base di tè e pasticcini nel rimpianto del bel tempo che fu? Molto semplice, ha sentenziato la reginetta dei mille-e-uno-progetti: facendo qualcosa di costruttivo insieme. E che mai potranno costruire tre esseri come noi, da una vita votate animo e corpo alla letteratura? Ma un libro, è ovvio. Meglio ancora se un romanzo. Meglio ancora se sperimentando tecniche di scrittura inusitate (!) come una audacissima “scrittura a tre”. Detto, fatto. E perché non ci fossero dubbi o ripensamenti, prontamente replicato. Non una, ma ben altre due volte. Così è nato Medietà, la nostra amatissima (in realtà…

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Bardon o della tradizione

Il primo a venirci incontro in cortile è il setter, scodinzolante e festoso come sempre, ma più tranquillo e posato di come lo ricordavo. Mi accorgo soltanto adesso che non è più un cucciolo o davvero dall’ultima volta è passato così tanto tempo? Si vede che me lo chiedo perché oggi è giorno di – inquieta – meditazione sul tempo: sono qui per festeggiare il mio compleanno. Mettiamola così. Però c’è il sole, anche se siamo in gennaio, la giornata è limpida e i pochi passi dalla macchina all’ingresso li posso fare senza giacca a vento. E adesso bando alle malinconie, siamo da Bardon! La forza di questa storica trattoria del Monferrato sta nella sua autentica traditio, perfetto e misurato equilibrio tra il tradere e l’altrettanto indispensabile tradire. La cucina è, senza cedimenti, quella della tradizione popolare monferrina. E gli avventori più fedeli, se non più i carrettieri di passaggio, sono comunque sempre i commercianti e i manager dell’odierno, fortunato e crescente, mercato del vino, che in questa terra di Barbera d’Asti continua ad avere in Nizza Monferrato e nei suoi dintorni di vigneti il suo cuore pulsante. Per loro, e per tutti i nuovi viaggiatori del food che qui…

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La Louche, il gusto francese a Torino

Prima domenica dell’anno, calda e luminosa in questo pazzo inverno che sa di primavera. Intorno a piazza Bernini, per me zona di casa, poco passeggio e serrande dei locali pubblici abbassate. Niente di nuovo sotto il sole: normale comportamento sabaudamente torinocentrico dei giorni di festa. Ma dove sarà la nuova città in progress, rigenerata dalla sua neonata vocazione turistica? Che fine hanno fatto i progetti di trasformazione anche delle zone non toccate dalla miracolosa movida esibiti dai nostri amministratori? Ce lo chiediamo e insieme con noi se lo chiedono i due giovani patron di La Louche, il “ristorante dall’accento francese a Torino” appena alle spalle di piazza Adriano, dall’accogliente, inaspettata e benedetta, apertura domenicale! Lui, Frédéric, alsaziano di nascita e già con un bel curriculum alle spalle, è in cucina; lei, Noemi, torinese che ha girato il mondo prima di decidersi a tornare, in sala. Insieme hanno scelto, deciso, progettato questa avventura. A Torino, perché così vicina alla Francia e alla sua cucina da poterla comprendere e apprezzare al meglio; a Torino, perché al centro di un territorio che ha fatto del food di qualità la sua bandiera; a Torino, perché nel suo cambiamento loro ci hanno davvero creduto. Ma…

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