Un ReNero Si Affaccia Sul Monviso

Un ReNero si affaccia sul Monviso

Ecco il Monviso, il maestoso Re di Pietra, sovrastare all’orizzonte con tutta l’imponenza dei suoi 3800 metri il profilo delle Alpi Cozie. Chi, se non un altro Re potrebbe impunemente fronteggiarlo? Un Re assai diverso, per natura e per intenti, ma ben deciso a tenergli testa. È nato così il ReNero, il nuovo Piemonte Doc Pinot nero dell’azienda vitivinicola L’Autin, figlio dei centoventicinque vitigni di Pinot nero di Borgogna impiantati nel 2015 qui, a 1200 metri di altezza. L’ultima “concreta follia” di Mario Camusso, oggi pronta a scendere finalmente nei bicchieri.   Il ReNero si presenta Abbiamo incontrato il ReNero durante una cena-degustazione al Grand Hotel Sitea dove, insieme con altri vini de L’Autin, ha accompagnato i piatti pensati appositamente per lui dallo chef stellato Fabrizio Tesse e dalla sua Brigata. In particolare, l’abbinamento del Re è stato con il Cappello del prete, di cui ha perfezionato anche la cottura. La sua solida struttura, molto “francese” – la Borgogna di nascita non mente – lo rende infatti adatto particolarmente ai secondi piatti a base di carni rosse. A noi è piaciuta la sua eleganza, dal delicato bouquet di frutti rossi al calore della giusta persistenza. Di sicuro farà strada, dopo…

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Domaine Pansiot, un bicchiere di Borgogna

Il mio primo Hautes Côtes de Nuits firmato Eric Pansiot l’ho bevuto una sera d’estate di qualche anno fa in un simpatico locale di Beaune di cui purtroppo – me ne rammarico, ma capita anche a me – non ricordo più il nome. Era la mia prima volta anche di escargot à la bourguignonne – altro felicissimo incontro – e l’abbinamento col vino proposto dal patron risultò così riuscito da decidere, seduta stante, di andare subito a conoscerne il produttore. Di un buon bourgogne la mia cantina aveva giusto bisogno. Corgoloin, il paese del Domaine Pansiot, si trova tra Beaune e Nuit St. Geoges, nel cuore della Côte de Nuits, a un soffio dal Clos de Vougeot e dei suoi Grand Crus classés. Il vantaggio, secondo me, di questi piccoli terroir a fianco dei grandi nomi, dove predominano le Appellations Régionales e quelle Communales, è che sono coltivati in prevalenza da récoltants-proprietaires, come si dice da queste parti. In altre parole, a differenza di quello che succede nei Grand Crus della mitica Côte d’Or, ormai proprietà di multinazionali che poco o nulla hanno a che fare con le tradizioni locali, nelle mani di gente del posto, che in questi luoghi vive…

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Le Monde de Don Cabillaud: il pesce di Borgogna

Sera di nebbia ad Autun. Normale, al 20 di novembre. Un’arietta umida e penetrante che certo non invoglia al passeggio serale, o forse – come mi è già capitato di sperimentare nella provincia francese – un’abitudine diversa degli indigeni a gestire le ore. Aperitivo, cena, dopocena. E alle otto di sera si è in forte ritardo per mettersi a tavola. Sarà per questo che le vie sono così deserte?  Così tranquille e vagamente inquietanti, come in certi film di fantascienza da disastro post nucleare, senza più traccia di umana sopravvivenza? Ma per fortuna siamo arrivati alla nostra mèta: Le Monde de Don Cabillaud, un ristorante… di pesce! Sì proprio qui, nel cuore della Borgogna. Scelto per giocare al ribasso – stasera meglio stare leggeri – è stato invece l’esperienza gastronomica migliore di questa breve vacanza, e certo una delle tavole in assoluto più interessanti a cui mi sia capitato di sedere. Locale piccolo, in apparenza informale in realtà curatissimo in ogni dettaglio, toilette compresa – il che in Francia non è così usuale, purtroppo – ci si trova subito a proprio agio, accolti con cordiale semplicità. Lo chef cucina a vista, con grande naturalezza, proprio come chi non ha segreti…

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