Inizia da Torino il viaggio dell’eroe

“Sono frammenti incisi nella memoria, la cui bellezza fa sognare e ispira. Cose di cui abbiamo bisogno in questo momento”. Così Ginevra Elkann, che della Pinacoteca Giovanni e Marella Agnelli è presidente, ha voluto presentare IL VIAGGIO DELL’EROE, la mostra aperta dal 24 marzo al 3 settembre a Torino, alla Pinacoteca del Lingotto. Il sottotitolo, Da Atene alla Magna Grecia, dal racconto all’immagine, chiarisce il senso del percorso espositivo: un peregrinare avventuroso fra storia e mito. Le figure degli eroi, rappresentate sui vasi della collezione Intesa Sanpaolo, sono accostate a quelle di defunti, appartenenti alla potente aristocrazia guerriera di Ruvo di Puglia, dalla cui necropoli provengono, nel V-IV secolo a. C. molto ricettiva nei confronti della cultura greca. La celebrazione del defunto, raffigurato all’interno del naiskos, il tempietto sepolcrale, trasferisce così il tempo reale della sua vita terrena in uno spazio-tempo eterno ed ideale, quello del mito appunto. E la morte diviene così la celebrazione del suo stato eroico. La mostra si articola in tre sale. La prima, dedicata agli eroi del mito, quelli che abbiamo imparato a conoscere a scuola: Achille, Ercole, Teseo, Neottolemo, Oreste, i Dioscuri… La seconda, con i vasi che raffigurano i defunti secondo il modello…

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Torino…FloReale

Davvero bella la Galleria Sabauda, specie nel suo attuale allestimento nella manica nuova di Palazzo Reale. E ancora più facilmente raggiungile ora che è stato aperto il passaggio che, attraverso di essa, mette in comunicazione tutto il Polo Reale, dal Museo Archeologico agli appartamenti del Palazzo. Una vera “festa di primavera” allora questa FloReale, tanto preziosa quanto effimera. Durerà, infatti, poco più che l’espace d’un matin, dal 21 al 26 marzo: giusto il tempo di un fiore! L’idea è semplice, almeno in apparenza. I fiori dipinti in nove quadri dell’epoca barocca, da Van Dyck a Carlo Maratta, sono stati accostati ai loro corrispettivi esemplari. Un lavoro corale, svolto dall’Associazione Amici della Galleria Sabauda insieme col Museo Regionale di Scienze Naturali, che ha identificato, e poi reperito peregrinando per i mercati cittadini, specie botaniche fiorite in questo periodo dell’anno. Ecco allora la Natura morta coi fiori di Abraham Mignon, pittore tedesco del XVII secolo: un simbolico gioco di colori tra rose e peonie, i fiori di Venere. Oppure i primaverili tulipani di questo Ritratto di Giovinetta del fiammingo Cornelis De Vos: l’augurio per una vita che, come la primavera, sta sbocciando ricca di promesse. E infine il trionfo di Pan e…

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Un panino? meglio un crostone!

La felicità? Un panino e un bicchiere di vino! O almeno così cantavano qualche anno fa Al Bano e Romina. E che dire allora se il panino è un crostone di lievito madre con farina macinata a pietra del Mulino Marino e la salsiccia è quella bovina di Bra? Succede a Torino, dove ha da poco aperto lo Slow Fast Food CROSTONE.IT, il 1° LAB di salsiccia bovina di Bra. Specializzati in panini con carne cruda con molteplici variabili, sono però sensibili anche alle esigenze dei vegetariani, con una serie di crostoni ad hoc: pomodoro, bufala e basilico; verdure grigliate e philadelphia; tonno e mozzarella… Nonché alle richieste “sfiziose”: coppa, toma, erbette; mortadella e caprino; roast beef, pomodoro e rucola… Il locale è minuscolo, come conviene a un moderno street food, ma se non capitate nelle ore di punta trovate di sicuro posto su uno degli sgabelli. Magari per assaporare con calma un’altra “golosità”: un’ottima barbera superiore spillata direttamente dalla botte! crostone.it via Duchessa Jolanda, 1/D - Torino

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A pranzo nel I secolo: Caupona di Pompei

Avete mai avuto la curiosità di scoprire che cosa si mangiava a Pompei prima del cataclisma? Bene, toglietevi lo sfizio. E senza nemmeno prenotare un viaggio nel tempo! Perché il viaggio che invece dovrete fare è proprio lì, nella città fantasma. Per visitare gli scavi, innanzi tutto, se non l’avete mai fatto, o per rinfrescarvi la memoria, adesso che sono di nuovo agibili, e con nuovi progetti di accoglienza turistica. E poi, a visita conclusa, per concedervi una pausa all’osteria, anzi alla caupona, come avrebbe fatto un pompeiano del tempo. Bastano due passi a piedi dall’uscita del sito archeologico ed eccovi arrivati in via Masseria Curato 2, proprio davanti all’ingresso del CAUPONA Pompeii Restaurant. Il ristorante Aperto da circa un anno da Marco e Nello, due giovani coraggiosi che hanno messo in conto con disinvolta allegria anche le invitabili accuse di kisch, il ristorante oggi comincia a far parlare di sé anche sulle più autorevoli Guide gastronomiche. Confesso che anch’io sono entrata nel tablinium, per altro perfettamente ricostruito, di questa “antica” villa pompeiana con una certa titubanza; e ancora di più ne ho avuta quando mi hanno offerto – ma soltanto se lo desideravo - di indossare l’abito adatto alla…

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Dalle Marche alle cucine del mondo

«A me rischiare piace molto. Qualche volta mi va bene, qualche volta mi va male e ne pago le conseguenze». Sorride Andrea Giuseppucci, con la sicurezza un po’ sfrontata dei suoi venticinque anni ma anche con il coraggio di chi già conosce l’imprevedibile della vita. Nell’ottobre 2016 il terremoto che ha devastato il Centro Italia colpisce duramente anche Tolentino, dove c’è La Gattabuia, il suo ristorante aperto da appena un anno. Ma la voglia di cucinare e sperimentare, e soprattutto di far conoscere al grande pubblico la meraviglia del cibo marchigiano, ha il sopravvento. Non per nulla il suo giovane ristorante è già noto alla critica gastronomica e Andrea fa parte dei trenta cuochi under trenta “che stanno cambiando la cucina del nostro paese”: parola di Paolo Vizzari, Stefano Cavallito e Alessandro Lamacchia. [1] E così, con la collaborazione di Eataly, eccolo in giro per l’Italia, e anche per un pezzo di Europa, a portare in giro il suo concetto di ristorazione. Noi lo abbiamo incontrato a Eataly Lingotto durante uno show cooking divertente e informale, con Andrea che cucina e racconta: le sue Marche, la cucina della nonna, le serate “piene e vuote” al ristorante…   Si comincia con…

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Apre a Torino l’Italia di Magnum

“….e poi, nel corridoio, il racconto della continuità delle città italiane, dove noi tutti abbiamo la fortuna di abitare”. Così il nuovo direttore di CAMERA, Walter Guadagnini, conclude la sua presentazione de L’Italia di Magnum. Da Henri Cartier-Bresson a Paolo Pellegrin, una straordinaria carrellata di oltre duecento immagini che raccontano la cronaca, la storia e il costume del nostro paese negli ultimi settant’anni. Un viaggio nel tempo, dove l’emozione –soprattutto per chi, come me, si ritrova ahimè nel ricordo – diventa sorpresa, per la capacità di penetrazione psicologica delle immagini, e riflessione sulle nostre mutate abitudini di vita. Quanto ci sfugge, del nostro passato, anche di quello che crediamo di possedere ben chiaro nel nostro personale patrimonio mentale Il “mio” percorso, forse perché anch’io l’ho visitata da poco, inizia dagli sguardi dei turisti, i primi “di massa”, che a guerra appena conclusa scoprono la Cappella Sistina: una foto di David Seymour del 1949   Per proseguire con sussiegose signore “bene” – ma sono poi cambiate di tanto?- a tu per tu con un evento irripetibile la mostra di Picasso a Milano nel 1953: le foto sono di René Burri.   Potevano mancare i “vitelloni” di Felliniana memoria? Non è Rimini ma Cesenatico negli anni…

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È (di nuovo) Carnevale, tempo di Intrigòun

Sul quaderno di ricette della mamma, dove quelle di dolci abbondano perché lei li amava particolarmente ed era bravissima a prepararne anche di sua invenzione, si contano invece sulla punta delle dita di una mano sola le ricette della tradizione reggiana. La ragione è molto semplice: il dolce, da noi, “non era e non è alimento quotidiano”. Lo sostiene un’autorità in materia, Marta Ferrari, nel suo Ricette e racconti della mia Reggio, prezioso e credo ormai introvabile testo sacro, che mi ha regalato anni fa la signora Rosetta, reggiana doc e cara amica della mamma. Ecco allora gli intrigòun, gli “intrigoni” di Carnevale, che nell’impasto ricordano dolci analoghi di tradizione da altre regioni ma che, come sempre in Italia, da tutti gli altri si distinguono per le loro particolari variazioni. Per Carnevale io cerco di farli sempre, non sono affatto difficili.     INGREDIENTI   Farina gr 250                                                                                               Burro gr 50 Zucchero gr 20 Uova…

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Il Porchissimo: uno chef, la sua montagna e la tradizione del maiale

Ma sarà  proprio un nimæl? Convinta che il porco fosse cosa mia –sono nata in Emilia, dove il maiale si chiama ‘l nimæl, “l’animale”, e ho detto tutto – mi sono avviata assai sicura di me alla cena del Porchissimo. Nessuno chef del Piemonte, pensavo, per quanto bravo, appassionato, e profondo conoscitore della sua tradizione può pensare di poter competere, in materia, con le arzdore della mia terra   natìa.  Nemmeno uno del calibro di Francesco Eblovi (ex Nuovo Carretto di Ciriè e ora Valli di Lanzo di Ceres) e dei suoi validi collaboratori Samuele Riva e Luigi Esposito.   Però ero curiosa. Sedersi a questa tavola per me è sempre stata un’esperienza felice, e ora che per farlo mi arrampico fin nelle verdi valli – in realtà, lo confesso, da Torino ci si arriva tranquillamente in poco più di mezz’ora – anche con una nota di divertimento in più. Perché l’aria di montagna deve aver pizzicato le corde della creatività di Francesco, che da quando è a Ceres – e cioè da nemmeno un anno – si è davvero scatenato. Non solo nel rivisitare e ripensare senza timori né pudori i suoi piatti, dai mitici “cavalli di battaglia” del Carretto…

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Perché Sanremo è Sanremo

Perché Sanremo è Sanremo

In giro c’era già “odore di Festival” nei giorni dell’Epifania, la mia prima volta a Sanremo. In questa Italia nella morsa del gelo, Sanremo mi ha piacevolmente colpita subito per il suo microclima, che ne fa una piccola oasi per i fortunati che qui vengono a svernare. Tra loro, mi dicono, c’è sempre più “gente del profondo nord”: norvegesi, olandesi, scandinavi. Che siano loro i nuovi ricchi che ci aiuteranno a uscire dalla crisi e dai guai? Perché Sanremo, questa bella signora solo un tantino agée e, forse proprio per questo, dallo smalto leggermente impolverato, ne trarrebbe davvero un gran giovamento.   I luoghi che mi sono piaciuti? Scontato dire la Passeggiata dell’Imperatrice, con le altissime palme dono di Maria Alexandrovna, dalla prestigiosa eleganza. Così in contrasto con la dignitosa modestia della piccola chiesa ortodossa dedicata a Cristo Salvatore, lì appena a due passi, accanto all’imponente mole del Casinò. Nel suo piccolo ma curato giardinetto spiccano i busti di Vittorio Emanuele III e di sua moglie, la regina Elena, originaria del Montenegro, assidui frequentatori di Sanremo, come pure all’epoca molte altre teste coronate d’Europa. Dal sacro al profano, piacevolissima sosta all’ora di pranzo al vicino Glam, nei rinnovati spazi della…

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