Pesce Crudo E Bollicine? A Torino Si Può

Pesce crudo e bollicine? a Torino si può

Il cru, come ben sanno gli appassionati di vino, è il meglio del vigneto da dove viene il vino vanto dell'azienda. Ma qui in Piemonte è semplicemente "il crudo", il “non cotto” che va apprezzato così per la sua qualità. Ed ecco svelato il mistero del nome del Cruru –Pesce crudo e bollicine, il nuovo ristorante torinese nato sulle ceneri del mitico Grassi, che del suo meraviglioso pesce crudo ha lasciato tristemente orfani tutti noi suoi devoti cultori . Essenziale anche negli arredi, che hanno radicalmente - e, in questo sì, piacevolmente- modificato quelli della precedente gestione, ora il locale richiama i colori e la freschezza del mare, e la luminosità delle giornate all'aria aperta. E anche nella disposizione degli spazi si è pensato a garantire a tutti gli ospiti, dal single al gruppo di amici, la giusta dimensione. Ma ora parliamo di quello che conta davvero, la cucina! È la "prima volta" di Guido Perino, già noto in città come sous chef al Magorabin e con alle spalle una solida preparazione in giro per l'Italia. Qui si occuperà soltanto, si fa per dire, di pesce, prevalentemente crudo ma, all'occasione, presentato anche in cotture veloci, che però ne preservino sempre…

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Il Quadrifoglio: Pesce Di Qualità A Torino

Il Quadrifoglio: pesce di qualità a Torino

Andare in pizzeria per gustare dell’ottimo pesce, fresco e ben cucinato? Curioso ma vero, quando il locale in questione si chiama Il Quadrifoglio, ristorante-pizzeria a conduzione familiare a pochi passi dall’affollata piazza di Santa Rita. Confesso che, senza la soffiata di un amico affidabile, non avrei abdicato dalla mia radicata convinzione “in pizzeria soltanto per la pizza”: luogo comune ormai superato? L’esperienza mi dice di no, ma sarei lieta di sbagliarmi e di poter fare altre scoperte, altrettanto interessanti e piacevoli. Per ora mi accontento di questa, che ho tutte le intenzioni di ripetere con tutti i dovuti, e golosi, approfondimenti. Accolti con cortese affabilità nella tranquillità un po’ desolata di un sabato a pranzo – “ non è un problema” sorride la titolare davanti al nostro momentaneo imbarazzo - ci sediamo a uno dei tavoli accuratamente apparecchiati: un locale tutto per noi quando ci ricapita? E così, seguiti con attenta premura dall’inizio alla fine, ecco il racconto della nostra esperienza. Una bella sorpresa la degustazione di ostriche bretoni e tartufi di mare, richiesta al momento, cui fanno seguito spaghetti alla chitarra, astice e pomodoro dalla perfetta cottura e altrettanto succulenti spaghetti scampi e vongole.Tra i secondi, non abbiamo resistito…

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Andare a Bra per mangiare al Battaglino

Ci sono entrata la prima volta qualche anno fa, ai tempi della “gestione Beppe” che, dinoccolato e burbero, subito ti scrutava da lontano quasi a soppesarti: normale cliente di passaggio o commensale gourmet? Superato l’esame, spuntava rapido il sorriso complice con cui si avvicinava e ti accompagnava al tavolo, pronto a dispensarti, insieme con i tesori della sua cucina, anche qualche aneddoto sui divi della lirica che in gioventù aveva rincorso per il mondo.   Ora continuavano ad accompagnarlo dalle foto con dedica appese alle pareti, testimoni di una passione che ancora non lo aveva abbandonato. Con questo spirito ci si sedeva a tavola, come all’aprirsi del sipario di un’opera molto amata, in attesa di piatti che, anche se già sperimentati più volte, dall’overture alla romanza fino al commovente finale, difficilmente tradivano le aspettative. Al Battaglino ritorno sempre volentieri anche adesso che l’inevitabile cambio generazionale ha consegnato il mestolo del comando nelle mani di Alessia. È vero, qualcosa è andato perduto di quella vitalità un po’ ruspante che subito evocava la calorosa atmosfera della vecchia trattoria, ma il nuovo che avanza non è scevro di curiosità da scoprire. Ecco allora il respiro più ampio e luminoso della sala, rallegrata dalla vista…

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Casa del Barolo a Torino: una piacevole pausa, una bella sorpresa

Due passi per il centro in questi giorni di saldi – un giretto piacevole, smog a parte, in una Torino sempre più bella e, perché no, anche sempre più vivace - ma una sosta ogni tanto è pur necessaria. Le 13 sarebbero ora di pranzo, è vero, ma la mia amica Marivì ed io non abbiamo voglia di sospendere a lungo la nostra ricerca: i negozi fanno il continuato e il 5 di gennaio viene buio presto. Ci basterebbe assaggiare qualcosa di leggero e di piacevole. Bella idea, ma… quanto difficile da realizzare! Scartati i luoghi deputati – piatto unico, d’accordo, ma per noi oggi è già troppo – scopriamo subito che anche i wine bar più accreditati in questa fascia oraria non servono calice e stuzzichini ma apparecchiano tavoli più impegnativi. E allora? Ripiegare sul trancio di focaccia? Sul venditore volante di hot dog? Su una tristanzuola insalata mista e caffè nel caos di un bar? Rinunciare del tutto in vista della cena? Mentre stiamo propendendo, con un briciolo di sconforto, per l’ultima soluzione, ecco davanti a noi la “Casa del Barolo” di via Andrea Doria. In quella che da sempre è tra le migliori enoteche della città, da…

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Roma, dove ancora si mangia in trattoria

La prima differenza la fa il Ponentino. Arriva suadente, che non te lo aspetti, ma subito annusi un’aria diversa. È allora che cominci a guardarti intorno, rallentando passo e pensieri, e sei fatto: di Roma non ti liberi più! Caotica, disorganizzata, strafottente… ma chi l’ha detto? Sono arrivata carica di nordiche diffidenze e prevenzioni e me ne sono andata con il ricordo di una città inaspettata e accogliente, dove spero di ritornare presto. «Già, perché qui è ancora tempo di ferie – spiegava l’arcano Raffaella, la nostra simpatica anfitriona di Casa Zavatti– aspettate che inizi a lavorare il Parlamento e comincino le scuole e vedrete quello che succede! » Di sicuro avrà avuto ragione lei, ma intanto la mia Roma è stata questa. Certo, non sempre i mezzi pubblici sono stati il massimo dell’efficienza, metropolitana antidiluviana in testa (ma noi, da bravi turisti, abbiamo macinato chilometri a piedi); certo, l’apertura dei Musei spesso non è stata quella prevedibile (ma poi ci si aggiusta “alla romana”, magari aggirando l’ostacolo con una telefonata… quasi sempre almeno!); certo, i prezzi dei taxi, alla richiesta, rasentavano la follia (ma basta non prenderli: perché correre?). In compenso, la vita scorre senza affanni; le persone sono…

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Mangiare a Parigi: pranzo in moschea, cena in capanna

Una bellissima giornata parigina, sole e vento freddo dall’océan giusto per ricordarci che siamo a nord. Eppure qui i colori, i profumi e i linguaggi incontrati per strada fanno di tutto per distrarre e confondere il turista girovago. Così, dopo un tuffo – e non si fa soltanto per dire, visto il soggetto – in tarda mattinata nella bellissima mostra su Osiris all’Istituto Islamico, ecco arrivare la voglia di un non preventivato cous cous. La Moschea di Parigi non è lontana ed è sicuramente il posto giusto. Il restaurant-salon de thé- souk- hammam La Mosquée si trova infatti al 39 di rue Geoffroy Saint-Hilaire, nel perimetro del luogo sacro, ed è aperto tutti i giorni dalle 9.00 alle 24.00. Aperto e frequentatissimo, a quel che ho visto, da parigini e turisti non necessariamente islamici: ragazze e signore di varie età, direi in primis. Che le razioni fossero abbondanti me l’avevano detto, e la realtà ha superato le aspettative! Ma sia il mio cous cous kefta boeuf con le verdure, che la tajine agneau, olive, citron del mio accompagnatore sono state inesorabilmente divorate fino all’ultima semola, fra gli educati bon appetit di sorridente compiacimento degli avventori dei tavoli vicini. Giusto un…

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Una Taberna nei dintorni di Olympia

Seconda cena in Grecia, anche questa in una Taberna, come già ieri sera a Delfi. Non trovata sulla Lonely planet questa volta, ma indicata dal signor Panagiotis, il cortesissimo albergatore del Krono di Olympia dove siamo appena arrivati. Prima si assicura che, davvero, vogliamo una cucina greca autentica; poi sorride, contento anche lui che oi touristoi apprezzino il suo Paese. Ci aspetterà alzato, anche se torneremo a mezzanotte passata, per essere sicuro che possiamo trovare posto nel piccolo parcheggio dell’hotel, disposto in caso contrario a spostare la sua automobile. Non sarà necessario, ma questa è la xenìa che abbiamo incontrato, e non una volta sola, durante il nostro viaggio. La Taberna Piatia si trova, come è ovvio, sull’unica piazza di un minuscolo paesino a 5 km da Olympia di cui non ricordo il nome (ma ci saprei tornare). Tre case, come si dice, ma parcheggio selvaggio: lasciamo la macchina in sosta (forse?) vietata, con qualche patema ma scopriamo che altri hanno assolutamente meno scrupoli. Un aspetto, questo, della Grecia che sconcerta noi “nordici” abituati a rispettare malgré tout il codice della strada… Il locale, piccolo e assolutamente kitsch nell’arredo, è frequentato (lo scopriremo poi) anche dai “notabili” dei dintorni per…

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Bardon o della tradizione

Il primo a venirci incontro in cortile è il setter, scodinzolante e festoso come sempre, ma più tranquillo e posato di come lo ricordavo. Mi accorgo soltanto adesso che non è più un cucciolo o davvero dall’ultima volta è passato così tanto tempo? Si vede che me lo chiedo perché oggi è giorno di – inquieta – meditazione sul tempo: sono qui per festeggiare il mio compleanno. Mettiamola così. Però c’è il sole, anche se siamo in gennaio, la giornata è limpida e i pochi passi dalla macchina all’ingresso li posso fare senza giacca a vento. E adesso bando alle malinconie, siamo da Bardon! La forza di questa storica trattoria del Monferrato sta nella sua autentica traditio, perfetto e misurato equilibrio tra il tradere e l’altrettanto indispensabile tradire. La cucina è, senza cedimenti, quella della tradizione popolare monferrina. E gli avventori più fedeli, se non più i carrettieri di passaggio, sono comunque sempre i commercianti e i manager dell’odierno, fortunato e crescente, mercato del vino, che in questa terra di Barbera d’Asti continua ad avere in Nizza Monferrato e nei suoi dintorni di vigneti il suo cuore pulsante. Per loro, e per tutti i nuovi viaggiatori del food che qui…

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La Louche, il gusto francese a Torino

Prima domenica dell’anno, calda e luminosa in questo pazzo inverno che sa di primavera. Intorno a piazza Bernini, per me zona di casa, poco passeggio e serrande dei locali pubblici abbassate. Niente di nuovo sotto il sole: normale comportamento sabaudamente torinocentrico dei giorni di festa. Ma dove sarà la nuova città in progress, rigenerata dalla sua neonata vocazione turistica? Che fine hanno fatto i progetti di trasformazione anche delle zone non toccate dalla miracolosa movida esibiti dai nostri amministratori? Ce lo chiediamo e insieme con noi se lo chiedono i due giovani patron di La Louche, il “ristorante dall’accento francese a Torino” appena alle spalle di piazza Adriano, dall’accogliente, inaspettata e benedetta, apertura domenicale! Lui, Frédéric, alsaziano di nascita e già con un bel curriculum alle spalle, è in cucina; lei, Noemi, torinese che ha girato il mondo prima di decidersi a tornare, in sala. Insieme hanno scelto, deciso, progettato questa avventura. A Torino, perché così vicina alla Francia e alla sua cucina da poterla comprendere e apprezzare al meglio; a Torino, perché al centro di un territorio che ha fatto del food di qualità la sua bandiera; a Torino, perché nel suo cambiamento loro ci hanno davvero creduto. Ma…

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Adonis, una crêpe a San Salvario

Il locale, nel cuore di San Salvario, è per ora piuttosto piccolo, ma il futuro, lo sappiamo, siede sulle ginocchia di Giove.  Qui si fanno crêpes e galettes in puro stile bretone, correttamente accompagnate da un ottimo sidro. Eppure che non siamo in Bretagna lo si vede subito. E trovo questo, se possibile, un ulteriore merito aggiunto all’intelligente progetto del locale: lo dico da turista irrimediabilmente innamorata delle coste bretoni. Il felice equilibrio scevro da inutili scimmiottamenti che qui si respira tra due realtà comunque diverse, quella del nord della Francia e quella di una Torino pur anche “piccola Parigi”, non può che fare del bene a entrambe. Basta dare un’occhiata in giro per accorgersi di non essere in un bistrot di Quimper o di Saint Malo: sobrietà sabauda dagli arredi minimalisti, comprese le poche e indovinate immagini alle pareti, agli spartani tavolini; concretezza e semplicità bretone nelle proposte del menu, rigorosamente essenziali. Qui conta soprattutto la qualità delle materie prime, tanto per l’impasto delle crêpes e delle galettes che per la loro farcitura. Dove, bella sorpresa, la fantasia propone felici accostamenti: dal Lardo di Arnad alla Salsa Aillade, dalla Bottarga di tonno di Marzamemi al Fromage de Chêvre, nonché…

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