Grecia, un percorso iniziatico

No, non sono stata sulle isole. Sarà per una prossima volta.” Meglio premetterlo, visto che è la prima domanda che mi fanno (quasi) tutti quelli che scoprono del mio recente viaggio in Grecia. No, perché questo è stato il mio viaggio iniziatico, arrivato ora con un po’ di ritardo – in fondo, che cos’è mezzo secolo confronto all’eternità? – rispetto a quando lo avevo progettato, nel mio primo anno di scuola media. Una scoperta, allora, che si nutriva dei versi di Omero – ma quanto mi piaceva l’Iliade! – e delle avventure archeologiche di Schliemann. Merito anche, certo, dell’entusiasmo che sapeva trasmettere la mia professoressa –grazie, signora Cantù- e che il tempo, per fortuna ha forse un po’ diluito ma non disperso. Insomma, dovevo vedere i luoghi degli dei e degli eroi. Atene, quindi, innanzitutto, visto che Troia era fuori percorso (e Sparta, purtroppo, inesistente). E poi Delfi dove parlava la Pizia, Olimpia e il recinto sacro delle gare, il Citerone dove Edipo era stato perso e ritrovato, la Micene ricca-d’oro degli Atridi, e poi… Certo anche il mare color-del-vino dei viaggi di Odisseo, la petrosa Itaca, Delo dove Apollo-fu-manifesto, Creta e grotta dei Coribanti… ma questa è un’altra storia,…

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Scrittura al femminile. Moltiplicato tre

Di noi tre scrittrici – Daniela, Roberta ed io - e delle nostre avventure letterarie non avevo ancora parlato qui su diariogoloso. Direi che il momento è arrivato. La vicenda è ormai decantata a sufficienza senza che gli infranti sogni di gloria di questo recente-remotissimo passato suscitino ancora brucianti frustrazioni. Soltanto un po’ di malinconico malumore, siamo umane anche noi. L’idea è stata di Roberta. Sua la soluzione al problema che ci attanagliava: come faranno tre prof, di lettere per giunta, amiche fin dai tempi dell’Università, nonché colleghe per anni nello stesso liceo, a continuare a frequentarsi da pensionate? Senza scambiarsi inutili visite a base di tè e pasticcini nel rimpianto del bel tempo che fu? Molto semplice, ha sentenziato la reginetta dei mille-e-uno-progetti: facendo qualcosa di costruttivo insieme. E che mai potranno costruire tre esseri come noi, da una vita votate animo e corpo alla letteratura? Ma un libro, è ovvio. Meglio ancora se un romanzo. Meglio ancora se sperimentando tecniche di scrittura inusitate (!) come una audacissima “scrittura a tre”. Detto, fatto. E perché non ci fossero dubbi o ripensamenti, prontamente replicato. Non una, ma ben altre due volte. Così è nato Medietà, la nostra amatissima (in realtà…

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La Louche, il gusto francese a Torino

Prima domenica dell’anno, calda e luminosa in questo pazzo inverno che sa di primavera. Intorno a piazza Bernini, per me zona di casa, poco passeggio e serrande dei locali pubblici abbassate. Niente di nuovo sotto il sole: normale comportamento sabaudamente torinocentrico dei giorni di festa. Ma dove sarà la nuova città in progress, rigenerata dalla sua neonata vocazione turistica? Che fine hanno fatto i progetti di trasformazione anche delle zone non toccate dalla miracolosa movida esibiti dai nostri amministratori? Ce lo chiediamo e insieme con noi se lo chiedono i due giovani patron di La Louche, il “ristorante dall’accento francese a Torino” appena alle spalle di piazza Adriano, dall’accogliente, inaspettata e benedetta, apertura domenicale! Lui, Frédéric, alsaziano di nascita e già con un bel curriculum alle spalle, è in cucina; lei, Noemi, torinese che ha girato il mondo prima di decidersi a tornare, in sala. Insieme hanno scelto, deciso, progettato questa avventura. A Torino, perché così vicina alla Francia e alla sua cucina da poterla comprendere e apprezzare al meglio; a Torino, perché al centro di un territorio che ha fatto del food di qualità la sua bandiera; a Torino, perché nel suo cambiamento loro ci hanno davvero creduto. Ma…

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Adonis, una crêpe a San Salvario

Il locale, nel cuore di San Salvario, è per ora piuttosto piccolo, ma il futuro, lo sappiamo, siede sulle ginocchia di Giove.  Qui si fanno crêpes e galettes in puro stile bretone, correttamente accompagnate da un ottimo sidro. Eppure che non siamo in Bretagna lo si vede subito. E trovo questo, se possibile, un ulteriore merito aggiunto all’intelligente progetto del locale: lo dico da turista irrimediabilmente innamorata delle coste bretoni. Il felice equilibrio scevro da inutili scimmiottamenti che qui si respira tra due realtà comunque diverse, quella del nord della Francia e quella di una Torino pur anche “piccola Parigi”, non può che fare del bene a entrambe. Basta dare un’occhiata in giro per accorgersi di non essere in un bistrot di Quimper o di Saint Malo: sobrietà sabauda dagli arredi minimalisti, comprese le poche e indovinate immagini alle pareti, agli spartani tavolini; concretezza e semplicità bretone nelle proposte del menu, rigorosamente essenziali. Qui conta soprattutto la qualità delle materie prime, tanto per l’impasto delle crêpes e delle galettes che per la loro farcitura. Dove, bella sorpresa, la fantasia propone felici accostamenti: dal Lardo di Arnad alla Salsa Aillade, dalla Bottarga di tonno di Marzamemi al Fromage de Chêvre, nonché…

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Mai dire mai: elogio di uno Syrah

Bevuto ieri sera in una splendida cena casalinga, dopo averlo scelto tra quello che offre al momento la mia cantina per accompagnare uno dei miei piatti più amati: tajarin al burro con grattata di tartufo. Il tartufo - mi riferisco naturalmente a quello bianco, il nobile Tuber magnatum  Pico - non è il massimo in questo autunno del 2014, e questo già lo sapevo. Profumatissimo, non si rivela poi all’altezza di quello che il suo bouquet sembra promettere. Ma sempre tartufo è, arrivato da fonte sicura e conservato con tutti i crismi. A questo piatto si sposa benissimo la Barbera, dice la tradizione. Meglio ancora se giovane, dicono alcuni. Meglio ancora se di Alba, dicono altri. Per una volta mi sono sottratta alle regole ho voluto sfidare la sorte regalandomi un abbinamento a sorpresa. A patto, però, che la sorpresa fosse bella. Francia, Regione de la Rhône-Alpes, dipartimento di Drôme: Tain l’Hermitage. Piccolo gioiello, scoperto per caso lo scorso giugno di ritorno da una vacanza in Bretagna. Oltre a quello con bellezza della natura – immerso nel verde, traversato dal fiume - che ne fa un luogo da vacanza tranquilla e un tantino d’élite, piacevolissimo è stato l'incontro con la…

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Leonardo, la Biblioteca e il Re

Nella Biblioteca Reale non ero mai entrata e come me, credo, molti altri torinesi. Tanto meno quindi nel nuovo spazio espositivo, ricavato dai caveau sotterranei, che ora ospita la mostra Leonardo e i Tesori del Re, troppo preziosa per non essere cautelata al massimo.  Scontato dire che è stata una bella esperienza. Non è invece così scontato, almeno per me, scoprire ogni volta che l’arte, la grande arte, ha in serbo in esclusiva per ciascuno di noi una diversa emozione. Così io, che come tanti ero lì per respirare la “sacra aura” dell’Autoritratto, mi sono ritrovata catapultata in un viaggio a ritroso nel mio tempo personale. Prima fase, l’ingresso nella grande Sala superiore della Biblioteca. Qui il salto all’indietro è stato di pochi anni, condiviso con un rapido colpo d’occhio con l’amica Roberta, compagna di visita nonché di rassegnato incolonnamento tra la calca dei visitatori. Rieccoci a San Gallo, in un giorno di pieno inverno del 2010, nella Stiftsbibliothek. Luogo certo ben più celebre, e celebrato, e anche molto più luccicante, visto che qui a Torino nessuno, fortunatamente, è stato costretto a strisciare sul pavimento con le pantofolone di feltro di elvetica ordinanza! Ma l’impressione, mi perdonino gli Svizzeri, per…

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Le Monde de Don Cabillaud: il pesce di Borgogna

Sera di nebbia ad Autun. Normale, al 20 di novembre. Un’arietta umida e penetrante che certo non invoglia al passeggio serale, o forse – come mi è già capitato di sperimentare nella provincia francese – un’abitudine diversa degli indigeni a gestire le ore. Aperitivo, cena, dopocena. E alle otto di sera si è in forte ritardo per mettersi a tavola. Sarà per questo che le vie sono così deserte?  Così tranquille e vagamente inquietanti, come in certi film di fantascienza da disastro post nucleare, senza più traccia di umana sopravvivenza? Ma per fortuna siamo arrivati alla nostra mèta: Le Monde de Don Cabillaud, un ristorante… di pesce! Sì proprio qui, nel cuore della Borgogna. Scelto per giocare al ribasso – stasera meglio stare leggeri – è stato invece l’esperienza gastronomica migliore di questa breve vacanza, e certo una delle tavole in assoluto più interessanti a cui mi sia capitato di sedere. Locale piccolo, in apparenza informale in realtà curatissimo in ogni dettaglio, toilette compresa – il che in Francia non è così usuale, purtroppo – ci si trova subito a proprio agio, accolti con cordiale semplicità. Lo chef cucina a vista, con grande naturalezza, proprio come chi non ha segreti…

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Oliveri, il mistero dei funghi

Stagione strana per i funghi quest’anno. Giorni in cui ne compaiono cassette intere sulle bancarelle dei mercati e poi di colpo più niente, per settimane intere. Ancor più strane sono le tavole dei ristoranti. C’è chi te li offre comunque, fritti e croccanti (e insapori); chi ti dice, onestamente, che al momento non ne ha e può, al massimo, recuperane qualcuno (messo via dall’anno scorso? surgelato? …) per il sugo dei tajarin; e c’è chi invece, incredibilmente, te li prepara al momento, ottimi e abbondanti.  Mistero? Forse un po’ sì. Figli di un mondo notturno, i funghi, come i loro sotterranei fratelli, i tartufi – che guarda caso stanno anche loro vivendo una strana stagione – non rispondono ad altra legge che alla loro, non del tutto prevedibile e, per nostra fortuna, assai insondabile dall’umana esperienza. Tutto questo per arrivare a parlare di un eccezionale vasetto di funghi porcini conservati in olio extra vergine che ho assaggiato all’ultimo Salone del Gusto e che non ho esitazioni a definire il migliore della mia vita. Almeno finora. Li prepara Oliveri, un’azienda artigianale di Acqui Terme, nel cuore dell’Alto Monferrato, che da tre generazioni si occupa di preparazioni alimentari. Mi ha raccontato il…

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