Alla tavola di ALMA nasce il cuoco del futuro

Che sia conviviale per una cena tra amici o rotonda per un dibattito tra saggi, sempre tavola è. E la tavola è il luogo deputato dove si gioca la professionalità del cuoco. Atto primo. Siamo ad ALMA, La Scuola Internazionale di Cucina Italiana che ha sede nella reggia di Colorno, Parma. Nella bella saletta da pranzo, insieme con noi, sono in attesa i veri protagonisti della serata: i rappresentanti delle più importanti scuole di cucina di tutto il mondo, dagli USA al Brasile alla Turchia, in contatto con Alma. Tutti in attesa di quello che preparerà lo chef è Paolo Lopriore, giunto apposta dal suo nuovo ristorante Il Portico ad Appiano Gentile (CO) per cucinare per noi i piatti della sua “tavola conviviale”. La cena giusta per entrare in atmosfera con quello che, da domani, succederà qui a Parma, Città creativa della Gastronomia UNESCO: GOLA GOLA, Food&People Festival, alla sua seconda edizione. Intimiditi all’inizio – “condividere”, specie tra sconosciuti, non è sempre facile – l’arrivo in tavola dei piatti – e dei vini: Cantina della Volta, La Tosa e La Stoppa - fa il miracolo: i commensali, come in un crescendo rossiniano, non a caso musicista e gourmet, riprendono forza…

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È (di nuovo) Carnevale, tempo di Intrigòun

Sul quaderno di ricette della mamma, dove quelle di dolci abbondano perché lei li amava particolarmente ed era bravissima a prepararne anche di sua invenzione, si contano invece sulla punta delle dita di una mano sola le ricette della tradizione reggiana. La ragione è molto semplice: il dolce, da noi, “non era e non è alimento quotidiano”. Lo sostiene un’autorità in materia, Marta Ferrari, nel suo Ricette e racconti della mia Reggio, prezioso e credo ormai introvabile testo sacro, che mi ha regalato anni fa la signora Rosetta, reggiana doc e cara amica della mamma. Ecco allora gli intrigòun, gli “intrigoni” di Carnevale, che nell’impasto ricordano dolci analoghi di tradizione da altre regioni ma che, come sempre in Italia, da tutti gli altri si distinguono per le loro particolari variazioni. Per Carnevale io cerco di farli sempre, non sono affatto difficili.     INGREDIENTI   Farina gr 250                                                                                               Burro gr 50 Zucchero gr 20 Uova…

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Il Porchissimo: uno chef, la sua montagna e la tradizione del maiale

Ma sarà  proprio un nimæl? Convinta che il porco fosse cosa mia –sono nata in Emilia, dove il maiale si chiama ‘l nimæl, “l’animale”, e ho detto tutto – mi sono avviata assai sicura di me alla cena del Porchissimo. Nessuno chef del Piemonte, pensavo, per quanto bravo, appassionato, e profondo conoscitore della sua tradizione può pensare di poter competere, in materia, con le arzdore della mia terra   natìa.  Nemmeno uno del calibro di Francesco Eblovi (ex Nuovo Carretto di Ciriè e ora Valli di Lanzo di Ceres) e dei suoi validi collaboratori Samuele Riva e Luigi Esposito.   Però ero curiosa. Sedersi a questa tavola per me è sempre stata un’esperienza felice, e ora che per farlo mi arrampico fin nelle verdi valli – in realtà, lo confesso, da Torino ci si arriva tranquillamente in poco più di mezz’ora – anche con una nota di divertimento in più. Perché l’aria di montagna deve aver pizzicato le corde della creatività di Francesco, che da quando è a Ceres – e cioè da nemmeno un anno – si è davvero scatenato. Non solo nel rivisitare e ripensare senza timori né pudori i suoi piatti, dai mitici “cavalli di battaglia” del Carretto…

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Perché Sanremo è Sanremo

Perché Sanremo è Sanremo

In giro c’era già “odore di Festival” nei giorni dell’Epifania, la mia prima volta a Sanremo. In questa Italia nella morsa del gelo, Sanremo mi ha piacevolmente colpita subito per il suo microclima, che ne fa una piccola oasi per i fortunati che qui vengono a svernare. Tra loro, mi dicono, c’è sempre più “gente del profondo nord”: norvegesi, olandesi, scandinavi. Che siano loro i nuovi ricchi che ci aiuteranno a uscire dalla crisi e dai guai? Perché Sanremo, questa bella signora solo un tantino agée e, forse proprio per questo, dallo smalto leggermente impolverato, ne trarrebbe davvero un gran giovamento.   I luoghi che mi sono piaciuti? Scontato dire la Passeggiata dell’Imperatrice, con le altissime palme dono di Maria Alexandrovna, dalla prestigiosa eleganza. Così in contrasto con la dignitosa modestia della piccola chiesa ortodossa dedicata a Cristo Salvatore, lì appena a due passi, accanto all’imponente mole del Casinò. Nel suo piccolo ma curato giardinetto spiccano i busti di Vittorio Emanuele III e di sua moglie, la regina Elena, originaria del Montenegro, assidui frequentatori di Sanremo, come pure all’epoca molte altre teste coronate d’Europa. Dal sacro al profano, piacevolissima sosta all’ora di pranzo al vicino Glam, nei rinnovati spazi della…

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Il Quadrifoglio: Pesce Di Qualità A Torino

Il Quadrifoglio: pesce di qualità a Torino

Andare in pizzeria per gustare dell’ottimo pesce, fresco e ben cucinato? Curioso ma vero, quando il locale in questione si chiama Il Quadrifoglio, ristorante-pizzeria a conduzione familiare a pochi passi dall’affollata piazza di Santa Rita. Confesso che, senza la soffiata di un amico affidabile, non avrei abdicato dalla mia radicata convinzione “in pizzeria soltanto per la pizza”: luogo comune ormai superato? L’esperienza mi dice di no, ma sarei lieta di sbagliarmi e di poter fare altre scoperte, altrettanto interessanti e piacevoli. Per ora mi accontento di questa, che ho tutte le intenzioni di ripetere con tutti i dovuti, e golosi, approfondimenti. Accolti con cortese affabilità nella tranquillità un po’ desolata di un sabato a pranzo – “ non è un problema” sorride la titolare davanti al nostro momentaneo imbarazzo - ci sediamo a uno dei tavoli accuratamente apparecchiati: un locale tutto per noi quando ci ricapita? E così, seguiti con attenta premura dall’inizio alla fine, ecco il racconto della nostra esperienza. Una bella sorpresa la degustazione di ostriche bretoni e tartufi di mare, richiesta al momento, cui fanno seguito spaghetti alla chitarra, astice e pomodoro dalla perfetta cottura e altrettanto succulenti spaghetti scampi e vongole.Tra i secondi, non abbiamo resistito…

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Andare a Bra per mangiare al Battaglino

Ci sono entrata la prima volta qualche anno fa, ai tempi della “gestione Beppe” che, dinoccolato e burbero, subito ti scrutava da lontano quasi a soppesarti: normale cliente di passaggio o commensale gourmet? Superato l’esame, spuntava rapido il sorriso complice con cui si avvicinava e ti accompagnava al tavolo, pronto a dispensarti, insieme con i tesori della sua cucina, anche qualche aneddoto sui divi della lirica che in gioventù aveva rincorso per il mondo.   Ora continuavano ad accompagnarlo dalle foto con dedica appese alle pareti, testimoni di una passione che ancora non lo aveva abbandonato. Con questo spirito ci si sedeva a tavola, come all’aprirsi del sipario di un’opera molto amata, in attesa di piatti che, anche se già sperimentati più volte, dall’overture alla romanza fino al commovente finale, difficilmente tradivano le aspettative. Al Battaglino ritorno sempre volentieri anche adesso che l’inevitabile cambio generazionale ha consegnato il mestolo del comando nelle mani di Alessia. È vero, qualcosa è andato perduto di quella vitalità un po’ ruspante che subito evocava la calorosa atmosfera della vecchia trattoria, ma il nuovo che avanza non è scevro di curiosità da scoprire. Ecco allora il respiro più ampio e luminoso della sala, rallegrata dalla vista…

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Pertois-Lebrun, uno champagne a Cramant

Ne ho assaggiati, di champagne. Non un’enormità – non sono una degustatrice professionista– ma un certo qual numero sì. E comunque abbastanza da costruire il mio gusto fai-da-te: sarà banale dirlo, ma è certo meglio il brut, dal fresco impatto minerale, con appena una punta di miele che si trascina nel retrogusto. Ma, soprattutto, meglio che nasca blanc de blanc. A quest’ultima conclusione sono arrivata proprio qui, tra i vigneti che da Épernay salgono alla Montagna di Reims, in questa piccola-grande Cramant, cuore della Côte de Blancs. È stato, come spesso accade per i segni del destino, dovuto a un imprevisto il mio fortunato incontro con madame Françoise, che nella sua Maison Pertois-Lebrun accolse allora con cortesia quegli sbadati visitatori sens réservation: errore non perdonabile da queste parti, dove tutti gli appuntamenti si fissano inesorabilmente en avant! Già al primo assaggio, nella mia testarda ingenuità da italienne amante dei rossi corposi, non volevo arrendermi di fronte all’evidenza. Possibile che fosse davvero figlio di uno chardonnay quel vino capace di una così potente eleganza? Perché nulla aveva in realtà da spartire con gli sbiaditi esiti che, partendo dallo stesso vitigno, mi avevano spesso deluso in patria. Era questo il motivo che…

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Domaine Pansiot, un bicchiere di Borgogna

Il mio primo Hautes Côtes de Nuits firmato Eric Pansiot l’ho bevuto una sera d’estate di qualche anno fa in un simpatico locale di Beaune di cui purtroppo – me ne rammarico, ma capita anche a me – non ricordo più il nome. Era la mia prima volta anche di escargot à la bourguignonne – altro felicissimo incontro – e l’abbinamento col vino proposto dal patron risultò così riuscito da decidere, seduta stante, di andare subito a conoscerne il produttore. Di un buon bourgogne la mia cantina aveva giusto bisogno. Corgoloin, il paese del Domaine Pansiot, si trova tra Beaune e Nuit St. Geoges, nel cuore della Côte de Nuits, a un soffio dal Clos de Vougeot e dei suoi Grand Crus classés. Il vantaggio, secondo me, di questi piccoli terroir a fianco dei grandi nomi, dove predominano le Appellations Régionales e quelle Communales, è che sono coltivati in prevalenza da récoltants-proprietaires, come si dice da queste parti. In altre parole, a differenza di quello che succede nei Grand Crus della mitica Côte d’Or, ormai proprietà di multinazionali che poco o nulla hanno a che fare con le tradizioni locali, nelle mani di gente del posto, che in questi luoghi vive…

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Amsterdam & c. il viaggio continua: l’Europa Unita delle piazze…baraccate

Imbattersi nelle piazze delle città europee “baraccate” a festa è stata una delle inattese curiosità di questo viaggio. Siccome l’estate è per tutti tempo di sagre, e l’estate nordica è molto breve, dieci giorni di viaggio nei Paesi Bassi sono stati un susseguirsi incredibile, e da me assai poco gradito, di festeggiamenti. Perché da Treviri ad Amsterdam, passando per altre località intermedie, le feste, sportive o patronali che siano, vengono gestite esattamente come succede da noi: tendopoli, stand più o meno gastronomici, mostruose giostre per i piccoli… Quando non palchi e tribune e addirittura – parlo di Amsterdam e della sua Dam Square – un intero stadio di basket su misura! Meglio così? Mal comune mezzo gaudio? Vuol dire che niente di nuovo è sotto il sole? Anche loro vittime del cattivo gusto dilagante? Oppure… La differenza rispetto a quello che spesso capita da noi, o almeno così mi è sembrato di percepire, credo stia proprio nella tranquilla, pubblica, indifferenza verso il fatto. Non ho visto proteste né gesti di fastidio, non ho sentito nessuna lamentatio da parte dei soliti, noiosi, vecchiardi benpensanti (tra cui mi metto volentieri anch’io, reduce dalla visione dell’ultimo scempio torinese di via Garibaldi in periodo…

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Amsterdam & c. continua: Treviri

Ne aveva parlato bene nel suo poema sulla Mosella anche Decimo Magno Ausonio, che qui era vissuto per parecchi anni come precettore del figlio di un romano imperatore, Valentiniano I mi pare. Perché Treviri a quel tempo (siamo nel III secolo d.C.) era divenuta sede imperiale e capitale d’Occidente. Un passato ormai remoto che però ha lasciato un segno tangibile nella conservata eleganza delle architetture, dalla splendida Porta Nigra, tuttora ingresso al piccolo centro storico, agli altri numerosi edifici di epoca romana e medievale, primo fra tutte la Liebfrauenkirche, capolavoro del gotico tedesco. Peccato allora che il ricordo di Ausonio, che doveva essere un signore simpatico, amante com’era del buon vino e della buona vita, qui non abbia lasciato traccia (non ho trovato nemmeno una viuzza intitolata a lui), mentre ben in vista è la casa dell’illustre personaggio cui la città ha dato i natali, il filosofo Karl Marx: 10 Brückenstrasse, cuore del quartiere borghese di Treviri. E chissà se a lui piaceva il vino della Mosella, o almeno era un intenditore delle ottime birre che si bevono da queste parti! Ne ho fatto un felicissimo assaggio (di birre, intendo) alla Wirtshaus “Zur Glocke”, storico tranquillissimo locale, frequentato da gente del…

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