Torta Di Mandorle Di Un Tempo Che Fu

Torta di mandorle di un tempo che fu

Direttamente da un tempo che ormai posso ben definire remoto arriva questa Torta di mandorle: variante "soffice", è bene specificarlo. La ricetta, anche se l’ho ritrovata sul Quaderno della mamma, in realtà anche per lei è stata una scoperta. L’ha imparata, infatti, dalla cugina di mio padre, la signora Giovanna, in quel di Castell’Arquato, ridente “borgo”, come si dice adesso, del Piacentino, di cui è originaria la mia famiglia paterna. Questa è la Torta “soffice”, quella più difficile da realizzare, a fronte della essenzialità degli ingredienti; ne esiste infatti  una variante “ dura”, meno impegnativa. Il segreto stava ( e sta tuttora) nel montare “a neve” ben ferma gli albumi, cui è affidata in toto – non è previsto infatti l’uso di altro lievitante – la leggerezza del risultato finale. E se pensate che, ai tempi, non si faceva uso di altro strumento se non di una forchetta tenuta da una mano ferma e capace, non vi stupirete del risultato non  sempre garantito. Un altro piccolo segreto, ahimè non più recuperabile, era la cottura in forno. All’epoca – e ancora negli anni ‘ 60, l’ho detto – le  torte venivano “portata a cuocere” dal panettiere del paese, che le infornava…

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Marmellate Di Primavera: Rabarbaro

Marmellate di primavera: rabarbaro

La ricetta, questa volta, è dell’amica Daniela, ma interpretazione ed esecuzione sono, forzatamente,  mie: la distanza, ma soprattutto l’urgenza di sperimentare la “materia prima” ormai pronta, nel Giardino dei Semplicissimi, per essere raccolta lo esigevano. Sempre con la  supervisione delll’amica via WhatsApp sono felicemente arrivata alla fine dei miei due primi vasetti. Come,  ora ve lo racconto.     INGREDIENTI: (per due vasetti di marmellata)   gr.600 circa gambi di rabarbaro (da pulire) gr. 150 zucchero, meglio se di canna 1 limone biologico litri 1 circa di acqua     PREPARAZIONE: Pulire i gambi del rabarbaro togliendo i filamenti più duri, tagliarli a pezzetti e immergerli in un contenitore (plastica o terracotta) di medie dimensioni, in cui avrete già spremuto il limone e messo la sua buccia esterna tagliata a pezzetti. Se volete, aggiungete pure anche lo zucchero: io, questa volta, l’ho messo in fase di cottura, penso il risultato finale non cambi di molto. Lasciate riposare il tutto per una notte o più (dodici ore circa). Prima di iniziare la cottura, preparate i vasetti, procedendo alla sanificazione secondo le vostre abitudini. Io ho usato vasetti nuovi che, per precauzione ho fatto bollire qualche minuto in una pentola piena d’acqua avvolti…

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Parmigiano Reggiano DOP: Quando Il Made In Italy è Vincente

Parmigiano Reggiano DOP: quando il Made in Italy è vincente

  La notizia è di quelle che allargano il cuore: il ben noto colosso americano delle zuppe Campbell’s ha comunicato di accettare le richieste del Consorzio di Tutela del Parmigiano Reggiano DOP di eliminare dalle etichette dei suoi prodotti qualsiasi riferimento al Re dei Formaggi. Una bella vittoria per il Made in Italy, da sempre oggetto di invidie e di penose imitazioni da parte di tutti coloro che “vorrebbero ma non possono”, che suona particolarmente importante in questi giorni difficili per tutto il settore enogastronomico del nostro Paese.     Parmigiano in prima linea E che a vincere una battaglia di questa portata, che non a torto qualcuno ha paragonato alla lotta di Davide contro Golia, sia stato il Consorzio del Parmigiano Reggiano non stupisce nemmeno troppo, visto che da tempo è in prima linea nel difendere l’integrità e l’originalità del suo marchio, che soprattutto all’estero è sentito come sinonimo di “buon cibo italiano”. Risale infatti a qualche mese fa il ricorso depositato contro la Kraft Foods Group Brands LLC che sta tentando di ottenere la registrazione del ‘KRAFT PARMESAN CHEESE’ come marchio ufficiale in Nuova Zelanda, dove il Consorzio da oltre 20 anni ha registrato il marchio Parmigiano Reggiano. E ci sono…

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Il Giardino Dei Semplicissimi: L’Erba Di San Pietro

Il Giardino dei Semplicissimi: l’Erba di San Pietro

"Fammi la frittata con l’Erba di San Pietro…” canta la bella voce di Giorgio Conte, piemontese doc e di sicuro esperto di cucina della tradizione. Per me, piemontese d’adozione, l’Erba di San Pietro è stata un’acquisizione recente, scoperta sul torinese mercato di corso Svizzera, e da allora non più dimenticata. Così ho deciso di piantarla qui, tra i miei Semplicissimi, ripromettendomi di farne abbondante uso. Imparando anche, però, ben presto, e a mie amarissime, è proprio il caso di dirlo, spese, che il sapore dell’Erba varia un po’ col variare delle stagioni: ottima in primavera, con il suo aroma di menta delicata e leggermente amarognola, diventa di scarso utilizzo dopo la fioritura nel pieno dell’estate, quando il suo gusto più caratterizzante si fa sempre più intenso, rendendola di difficile impiego culinario. Ma ora siamo nel momento giusto: frittate, frittate, frittate…e Tortelli. Vediamo come e perché.   Semplicissimi e…frittata Sulle frittate non penso sia il caso di dilungarsi troppo: ogni famiglia ha la sua ricetta. La mia somma insieme il ricordo di quelle, emiliane, della nonna, dove l’abbondanza del Parmigiano grattugiato e la doratura dello strutto ne facevano delle soffici tortine, dalla crosta dorata e dall’interno saporoso. Ora il Giardino mi…

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È Pasqua, Tempo Di Tortelli D’erba

È Pasqua, tempo di tortelli d’erba

Come Riconoscere Pillole Si chiamano così perché un tempo si facevano davvero con l’erba o, per meglio dire, con le erbette che, raccontano, in Emilia crescevano lungo le sponde dei torrenti in primavera. Le erbette non si trovano più da lungo tempo – la mamma  già non ne aveva memoria – ma il nome è rimasto, e la stagione pure. A casa mia i Tortelli si facevano per Pasqua ( e non solo) e le erbette erano diventate le bietole, ma anche gli spinaci, quando queste non si trovavano. E la mamma, con grande senso pratico, sostituiva il prodotto fresco, non sempre reperibile, con quello surgelato: così la loro stagione durava un anno intero. Questa, badate, è la ricetta dei Tortelli verdi di Reggio Emilia. Quelli di Parma, forse più noti, sono molto simili, ma tendono a far prevalere il bianco della ricotta sul verde delle erbe. E non usano affatto gli spinaci. Li ho preparati, pronti per la Pasqua imminente. E, appena fatti, ho provveduto a surgelarli. Anch’io non manco di senso pratico!   DOSI (per 4 persone: 12 a testa)   Per il ripieno: Kg 1 circa di bietole (solo il verde) o di spinaci (già puliti e lavati). Se usate i surgelati calcolate…

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Il Giardino Dei Semplicissimi: Rabarbaro

Il Giardino dei Semplicissimi: rabarbaro

Il mio primo ricordo legato al rabarbaro è quello delle caramelle, sempre presenti nella tasca del grembiule della nonna, “che fanno bene e fanno digerire”. Subito dopo c’è quello della giapponesina dal kimono rosso, che con il suo profilo stilizzato reclamizzava una nota marca di amaro di cui, anche in questo caso, si decantavano le proprietà digestive. Sarà per nostalgia dell’infanzia che ho piantato il rabarbaro tra i miei Semplicissimi? Davvero non so rispondere: difficile decifrare l’inconscio! Comunque sia, è venuto bene e già il raccolto dello scorso anno ha dato i suoi frutti.   Semplicissimi: la magia dell’Oriente Consultando poi i sacri testi, ho scoperto che le origini della pianta del rabarbaro sono dichiaratamente orientali, mentre l’etimologia del suo nome, come noi lo conosciamo, è indiscutibilmente greca: ra- barbaros, i non meglio specificati “barbari” cui i greci attribuivano, sempre in modo vago, tutto quello che arrivava da fuori dei patri confini. Il suffisso ra rinvia anche lui allo “straniero”, fiume o mare esotico: insomma una pianta che arriva da lontano. E, come tale, di sicuro un po’ magica…   Semplicissimi: viva la marmellata! Per non sbagliare, dopo aver sentito i pareri più diversi dagli “esperti” dei dintorni – le…

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LA Valle Grana E La Polenta Bastarda

LA Valle Grana e la polenta bastarda

Se dare a qualcuno del bastardo di solito non viene percepito come un complimento, a Caraglio, nella cuneese Valle Grana, non sempre è così. Bastarda si chiama infatti  una particolare polenta, introvabile altrove, così buona da averle persino intitolato una Sagra. Quest’anno, il non-a-caso bisesto 2020, sarà difficile riuscire a organizzarla, ma ciò non toglie che tutti possano prepararsi la polenta a casa, soprattutto in questi giorni di interminabile inverno. La sua ricetta è semplicissima, e non differisce certo da quella delle altre polente. Ma il suo pregio sta tutto nella farina, il suo ingrediente base: un misto di cinque antiche varietà autoctone, riscoperte e rimesse in coltivazione, dopo molti anni di accurate ricerche, da Lucio Alciati, infaticabile e appassionato ricercatore di prelibatezze locali. E a lui si deve anche il recupero della leggenda, da cui tutto è nato…   Una bastarda polenta del…diavolo! Lo zampino del diavolo! Come poteva non entrare in una storia legata ai sudori della terra? E come poteva l’intera faccenda non concludersi bene, cioè del tutto al contrario delle sataniche intenzioni? Perché in queste vicende del saggio tempo antico, il diavolo, in fondo, è quasi sempre un “buon diavolo”, più buontempone che davvero satanico. E anche il…

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Il Giardino Dei Semplicissimi: Assenzio

Il Giardino dei Semplicissimi: assenzio

Nel mio Giardino dei Semplicissimi c’è anche l’Assenzio, la mitica Fata verde. Giusto per non essere troppo banale, ho voluto anche un tocco di esotismo. E devo dire che è una piantina bella a vedersi, con le sue “manine” verde-argento, e sta diventando un robusto cespuglietto, che ha resistito benissimo all’inverno ed è ancora lì, vispo e rotondetto, pronto alla nuova bella stagione. Perché l’hai piantato, direte voi: sai davvero che cosa fartene? Ebbene, certo che lo so! Non io direttamente, ma amici raccoglitori-di-erbe mi  hanno promesso il loro intervento al momento opportuno, e così è stato. Intanto sfatiamo subito il mito che l’assenzio sia un’erba perversa e pericolosa: sulle nostre montagne viene usato da sempre come liquore casalingo panacea di molti mali, in primis quelli legati alla cattiva digestione. Che poi possa avere effetti visionari…magari! A me non è, ahimè, mai capitato e temo che anche questa bella favola faccia parte del suo poetico passato.   Semplicissimi: assenzio, ma davvero è “fatato”? La leggenda della misteriosa Fata Verde, spirito incantatore che seduceva i bevitori d’assenzio, trascinandoli con sé sulla via peccaminosa della lussuria più sfrenata, nascondeva in realtà ragioni ben più prosaiche. Complice la crisi economica e sociale, a fine Ottocento, in…

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Un Pezzo Di Pane

Un pezzo di pane

Saranno questi giorni di dieta, sarà l’arrivo della primavera e sarà, soprattutto, il profumo del pane appena sfornato che mi arriva dal forno "storico" del vicino, nel giardino accanto al mio. Una riflessione sul pane: se la merita, non credete?   Soltanto un pezzo di pane… Il “mio” pane ha la forma della pagnotta – una biova? una micca? una foglia? – che Gabriele, il mio cortesissimo vicino, mi ha appena portato: calda, scricchiolante, profumata, dal colore leggermente ambrato e dall’aspetto che dire invitante è troppo poco. Perché non ho mai osservato un pezzo di pane con tutta questa attenzione? Mi spiega Gabriele, con giusta fierezza, che questa volta l’infornata gli sembra venuta particolarmente bene: « Ho cambiato tipo e dose di lievito e ho modificato i tempi di lievitazione. Con il forno già ben caldo, c’è voluto pochissimo tempo». Già, il forno… che di suo almeno a due parole ha diritto.   Il forno del pane Il forno, che sta nel giardino della casa accanto alla mia, se definirlo antico è forse eccessivo, è comunque molto vecchio, e fa parte della storia della Borgata. Quando qui c’era la cosiddetta “comunione di cortili”, e non c’erano muretti nè reti divisorie tra le…

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Il Giardino Dei Semplicissimi: Aglio Di Caraglio

Il Giardino dei Semplicissimi: aglio di Caraglio

Che l’aglio, secondo i sacri testi, non faccia in realtà parte del Giardino dei Semplici lo so. Il mio orto, però, è un Giardino dei Semplicissimi e l’aglio, piantato da me in persona in autunno inoltrato e ora già in odore di uscita – anche se la raccolta si attende per giugno – è il mio principale orgoglio. Questo in particolare sarà Aglio di Caraglio – Presidio Slow food: un’eccellenza del territorio della Valle Grana che ormai comincia a essere apprezzato seriamente anche nell’alta cucina. Ne ho già parlato qua e là, ma siccome repetita iuvant…   Semplicissimi: Aglio di Caraglio Da queste parti la filastrocca la conoscono tutti: a Caraj l’an piantà ij aj, l’an nen bagnaj e ij aj son secaj. Traduco, per i non piemontesi: a Caraglio hanno piantato l’aglio, non l’hanno bagnato e l’aglio è seccato. Diciamo che i Caragliesi non ci fanno una gran bella figura, anche se è evidente come il senso del tutto sia basato sulla rima Caraglio-aglio. In realtà la filastrocca, oggi che l’aglio di qui è diventato una gloria locale, è finita nel dimenticatoio o almeno si evita accuratamente di farne menzione. A me sembra, invece, che non ci sia nulla di male a ricordarla,…

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