Sant’Anna Di Valdieri, Dove C’è LaCasaregina

Sant’Anna di Valdieri, dove c’è laCasaregina

laCasaregina si chiama così in onore di una regina vera, Elena di Savoia, che a Sant’Anna di Valdieri aveva fissato la sua residenza estiva. Siamo in un piccolissimo borgo montano della Valle Gesso, in provincia di Cuneo, a pochi km dalle forse più note Terme di Valdieri, anche loro vittime incolpevoli dell’oblio del tempo che passa e delle circostanze che mutano. Ciò non toglie che Sant’Anna continui a essere un luogo bellissimo, cui anzi la solitudine dell’abbandono dopo un passato illustre non poteva che aggiungere un pizzico di fascino in più. Che infatti non ha lasciato indifferenti un gruppo di sensibili ma anche intraprendenti ragazze, che della favola interrotta dalla storia stanno provando a scrivere un inatteso finale.   laCasaregina: il luogo dell’ospitalità Nuove “reginette” hanno preso possesso degli antichi luoghi dell’ospitalità, li hanno riadattati alle esigenze di un diverso turismo, facendo del food di qualità e della ricerca della tradizione il loro punto forte. Locanda, bar, b&b, campeggio: tutto ruota intorno alla sala e alla cucina della rinata Hostaria de laCasaregina, dove certo anche la sovrana di un tempo sarebbe entrata volentieri. Io l’ho scoperta d’inverno, in questi giorni di festa che, di sicuro, hanno regalato alla tavola qualche piatto…

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Oca Fòla, Una Trattoria Da Favola

Oca Fòla, una trattoria da favola

Più che un’Oca Fòla io ricordo una “Fòla (favola) dl’Oca”, filastrocca che da bambina mi ripeteva la nonna. Due Oche diverse di sicuro: la mia è stata un’infanzia emiliana mentre dell’altra Oca so che ha zampettato a lungo tra Monferrato e Langhe. Ora è stanziale, e abita di fisso in quel di Torino, a due passi da Piazza Statuto, circondata da una miriade di ochette. Delle sue origini però si ricorda tutto e alla sua tavola lo dimostra. Ne ho avuto la prova due sere fa, a cena qui con amici- sì, lo confesso, è uno dei “miei” posti- sperimentando le ultime novità di Paola. Oca Fòla: i piatti Può essere un azzardo, ma a me è piaciuto la sua Giardiniera scomposta alla piemontese: un inedito matrimonio fra la tradizione e il tonno fresco, messo sotto sale per farne un carpaccio. Se poi volete andare sul sicuro, chiedete il Flan di cipolle al caramello su fonduta di gorgonzola e pere confit: da provare. Per il mio “primo” ho scelto io la variante, perché qui si può fare anche questo: Tajarin burro e salvia, uno dei miei piatti preferiti. In realtà in carta ci sono i Tagliolini alla carbonara piemontese, un…

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Una Notte Di Neve E Magie, Profumata Di Biscotti Alla Lavanda

Una notte di neve e magie, profumata di biscotti alla lavanda

Non troverete illustrazioni semplicemente perché non servono. Saranno le parole, come tanti lapis colorati, a disegnare i personaggi e le loro storie, con tutte le sfumature necessarie. Questo grazie alla versatilità di una scrittrice che non solo ha al suo attivo un’esperienza giornalistica di lunga data, ma anche una felice preparazione artistica. Siamo a New York, ed è assai verosimile. Perché se non sarà la città a comparire in scena, così come se l’aspetta chi non ne ha conoscenza diretta, sono invece i suoi modi e i suoi ritmi quotidiani a identificarla. Quelli, s’intende, della vita vera, dei suoi abitanti autentici e meno appariscenti, che nella Grande Mela hanno ritagliato il loro angolino tranquillo e confortevole. Proprio quello che verrà momentaneamente sconvolto - se non c’è rottura dell’equilibrio non c’è storia, si sa- dall’irrompere violento delle forze della Natura. Una Natura davvero con la N maiuscola, perché comprende non soltanto il tempo astronomico, qui sotto forma di una paralizzante bufera di neve, ma anche, e soprattutto, quello misterioso e inevitabile che condiziona la nostra esistenza. Su questa Terra e nell’Altrove. Che, lo scoprirete subito, non sono poi così estranei l’un l’altro. Né così irrimediabilmente contrapposti. Con una grazia tutta sua,…

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Tapas Sabaude, Parte Seconda: Piano35

Tapas sabaude, parte seconda: Piano35

La posizione più “alta” delle tapas sabaude è sicuramente quella che abbiamo incontrato al Piano35, quello che la sera illumina di luci il nuovo – e per ora unico, o quasi - grattacielo cittadino. Presentate con un sorriso come un “divertimento” del giovane chef, le tapas appartengono di diritto alla parentesi spagnola del già complesso passato professionale di Fabio Macrì, da poco alla guida di questa impegnativa cucina torinese. E a parer nostro non sfigurano davvero all’interno del menu Degustazione Piano35. Le Tapas anche al Piano35 In apertura, qui noblesse oblige, la materia prima gioca a impreziosire una indovinatissima pizzella, lardo di maiale brado e caviale Kaluga, che subito sparisce, destino ahimè dei finger food, in un solo boccone. Al contrario, nei porri bruciati, ceci, bottarga di tonno e granchio reale, è invece la semplicità della “base” di appoggio a valorizzare il gusto degli ingredienti. Oltre che, s’intende, la mano di chi li ha cucinati. E ancora tapas di sicuro nell’intenzione di divertente sorpresa sono i plin di anatra in brodo di caldarroste, accompagnati dal profumo di festa invernale delle castagne bruciate. Piano35...alla prossima Il menu prosegue, la nostra serata volge al termine. Due passi nel verde della serra bioclimatica,…

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Tapas Sabaude, Parte Prima: AFFINI

Tapas sabaude, parte prima: AFFINI

Confronto con l'OriginaleChe le tapas stiano occupando una posizione sempre più rilevante nella ristorazione torinese è un fatto. Curioso, forse, ma d’irrimediabile evidenza. Facili da mangiare –sono pur sempre un finger food- e sempre appetitose per definizione. E se poi un sapore non dovesse fare per noi, poco male: si passa al boccone successivo e il gioco è fatto.   Tapas a Torino? Ma siamo, per l’appunto, a Torino. Luogo per natura non troppo vocato al cambiamento, soprattutto quando si tratta di cibo e di tradizione: qui anche le tapas, per sopravvivere, hanno dovuto per forza adattarsi. Se non proprio tutte, almeno quelle desiderose di ottenere diritto di cittadinanza: una sorta di jus soli “di forchetta”, tanto per intenderci. Come, per esempio, succede a quelle che nascono nella cucina di AFFINI, dove è già in carta il nuovo menu di dicembre.   Le Tapas di AFFINI Qui, dove il mondo del “bere miscelato” è sempre più attento ai piatti cui si abbina – grazie a Michele e alla cucina di Jari – il nuovo menu di dicembre riserva piacevoli sorprese. Ecco la battutina di fassone con tuorlo mimosa, maionese di soia al chinotto Lurisia, ed alghe, omaggio a una tradizione che…

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Se L’Odissea Parte Da Torino…

Se l’Odissea parte da Torino…

È stato bello, per me, farsi trasportare dalla suggestione del titolo e godere così la bellezza di queste Odissee in mostra. Perché, come ben sa ogni saggio insegnante, soltanto l’emozione è preludio alla conoscenza. Suggerirei quindi anche a voi di iniziare la visita senza lasciarvi troppo fuorviare dall’impegnativo sottotitolo, Diaspore, invasioni, migrazioni, viaggi e pellegrinaggi, e di non cercare subito l’appoggio dei pur chiarissimi pannelli espositivi. Muovetevi tranquillamente tra le vetrine, allestite nella penombra di quello spazio, già di suo immaginario e immaginifico, che è la Corte Medievale di Palazzo Madama. Potrete seguire la “vostra” Odissea, sulle orme di un’Umanità che qui appare sospesa nel tempo e nello spazio, al di là e al di fuori dei suoi riferimenti storico-geografici. Odissea, prima tappa Il “mio” viaggio è iniziato, è vero, dalla Prima Vetrina, ma perché attirata dalla Venere di Laussel (calco, ovviamente, ma di ottima fattura). Non la più nota fra le Veneri del Paleolitico, ma una delle più chiaramente allusive nella sua sacralità. Una dimensione che, forse, la nostra civiltà ha definitivamente perduto. Il centro del viaggio Al centro della sala, perno attorno cui ruota ogni viaggio, la Piroga di Panama, reperto questa volta autentico, proveniente dai depositi del Museo Civico…

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Conoscete I Martin Sec?

Conoscete i Martin sec?

Non appartengono certo ai miei ricordi d’infanzia queste pere color marroncino, assolutamente sabaude per aspetto e comportamento: una coriacea durezza che, a saperla trattare nel modo giusto, riserva sorpresa di dolcezza coinvolgente. Provengono, mi dicono, da un antico cultivar del Cuneese, ormai sempre più raro e, per ovvio paradosso, sempre più ricercato. Io ho avuto la fortuna di conoscerle in un giardino amico, dove i loro alberi antichi continuano a regalarne ogni anno una discreta quantità. E siccome non sono commestibili in altro modo, ho imparato a cuocerle secondo la ricetta classica. Ad insegnarmi come si fa a compiere questa quasi magica trasformazione è stato un amico, Dario Elia, chef di lunga data e di preziosa esperienza, che della “memoria storica” della tradizione piemontese è un testimone tanto autentico quanto schivo. La sua ricetta la trascrivo qui, tra quelle del Quaderno, sicura che la Mamma non se ne avrà certo a male.   INGREDIENTI per 20 per Martin sec:   2/3 cucchiai di zucchero 2 bicchieri di vino rosso (barbera preferibilmente) ½ bicchiere d’acqua facoltativi: una bacca di cannella o 2/3 chiodi di garofano (ma sono ottime anche al naturale)     PREPARAZIONE Se volete una maggior eleganza, con uno…

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Per Un TOC Di Cioccolato…

Per un TOC di cioccolato…

«Una pausa di riflessione. Ed eccomi di nuovo qui con l’entusiasmo di sempre, anzi se possibile anche raddoppiato!» Sorride Paolo Lovisolo, circondato dai suoi TOC – Pezzi di Bontà, i cioccolati e i cioccolatini che lo circondano dagli scaffali del suo piccolo laboratorio di via Mazzini 56/L a Torino. Stesso indirizzo – molti se ne ricorderanno – di quel piccolo luogo di delizie che era l’Officina del Cacao, dove la passione per il cioccolato di Paolo aveva messo le sue prime radici. «Ora collabora con me Maria Buzzi – racconta Paolo – che si occuperà in particolare dei cremini. Un nuovo nome quindi s’imponeva, ma che sottolineasse la continuità con la tradizione: tòch in piemontese significa “pezzo”. Un pezzo di cioccolato, semplicemente buono: qualità della materia prima di tutto».   I TOC del momento Partiamo dai Grand Cru monorigine, quelli che non possono mai mancare in nessuna piccola-grande-cioccolateria. Il suggerimento di Paolo è di provare a gustarli a suon di musica. Ogni tavoletta porta infatti in nome di un brano musicale “storico” – da Rien del Rien 65% Grenada, a With Kaleidoscope Eyes 75% Ocumare Venezuela, a Hope You Guess My name 75% Fine Criollo Cocoa Blend – che ne…

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Attori O Spettatori Del Cibo? EDIT Vi Offre La Scelta

Attori o spettatori del cibo? EDIT vi offre la scelta

Meglio entrare e provare. A far colazione, a bere una birra, a mangiare un piatto, a prenotare una cena. Dimenticando, per il momento almeno, che vi trovate nel bel mezzo di un concept innovativo, destinato a rivoluzionare il tranquillo mondo del food sabaudo. Perché, quando si tratta di cibo, il primo giudizio che conta è il nostro, quello che nasce dall’emozione che un assaggio può regalarci, ancor meglio se inatteso. E davvero questo nuovo EDIT potrà essere il posto giusto.   EDIT: che cosa? Perché potrà capitarvi, com’è successo a noi, di imbattervi nel Risotto con riduzione di birra, polvere di caffè e crema di Grana Padano dei Costardi Bros, ancora più interessante se gustato nel suo “barattolo”. Oppure, se amate la pizza, sperimentare l’Aria di Pane Burrata e Crudo creata dalla fantasia di Renato Bosco. E se poi siete vegani irriducibili, sarete contenti di incontrare Pietro Leemann con il suo Paesaggio interiore: doblone di saraceno con salsa di sedano affumicato, su crema di zucca all’arancia. Accompagnando la vostra scelta, e vedrete che non sarà un azzardo, con un Gin & Tonic di Barz8, ossia i due amici-bartender Salvatore Romano e Luigi Iula. Se invece quando arrivate a EDIT non…

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FICO: E Se Il Food Fosse, Anche, Un Gioco?

FICO: e se il food fosse, anche, un gioco?

L’hanno subito ribattezzato “la Disneyland del cibo”. Un’etichetta che piace sia agli ammiratori che ai critici, curiosamente quasi con le stesse motivazioni. Perché, se il dilagante aforisma “l’uomo è ciò che mangia” è stato ormai universalmente sdoganato, non altrettanto avviene se si afferma, per esempio, che “l’uomo è ciò che gioca”. Anche se, a parer mio, è una verità altrettanto indiscutibile. Ma non voglio sottrarmi oltre al giudizio sull’evento food dell’anno: a me FICO, almeno al primo impatto, è piaciuto.   FICO, a Bologna Azzeccato il nome, un acronimo breve e, volutamente credo, “equivocabile”. Troneggia sicuro sulla torre di quello che, fino a poco tempo fa, era l’ormai ex mercato alimentare fuori Bologna, sperso in una sorta di terra di nessuno, da cui oggi invece potrebbe nascere una nuova linfa vitale. Entrando nei padiglioni ancora in via di allestimento, mi ha subito colpito l’attenzione al dettaglio con cui gli stendisti curavano le loro sistemazioni, interrompendosi, con genuina cortesia, per offrire assaggi e prodigarsi in entusiastiche spiegazioni. E che dire dei ragazzi – stendisti in pausa o studenti in visita? – concentratissimi in una partita volley, nel campetto “alla Disneyland” attrezzato lungo una delle gallerie. In giro per FICO Questo mio…

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